e infine la domanda definitiva (ma già altre volte è emersa in modo più o meno esplicito, fra le righe, nei dubbi di soliloquio): può la verbalizzazione portare a una minima catarsi? questa volta non parliamo di problemi artistici o estetici, nemmeno problemi morali. parliamo di eventi che generano conseguenze apocalittiche nella vita delle persone, parliamo dell'ipotesi e del dubbio che spalancano baratri di possibilità angoscianti, magari anche (relativamente) brevi, ma pur sempre gravate da un senso di impotenza e annichilimento totalizzanti.
come possiamo collocare la pratica artistica in tutto questo? una domanda che quante si sono fatte prima di me. forse la maggior parte di coloro che hanno, almeno un minimo, grattato la superficie forse. che risposta si sono date? di esempi ce ne sono a centinaia di migliaia. chi più chi meno ha trasferito una piccola parte di quell'angoscia in qualcosa di estetico. e l'estetica di quel qualcosa ne ha ricalcato i contorni, ne è diventata simulacro, immagine nel ricordo. oppure totem, al quale poi qualcuno o qualcuna ha dato fuoco inalandone poi le ceneri, veleggiando verso altri lidi, altri tudini.
la consapevolezza è una bestia davvero strana. una condanna. mi ricorda Dune e la preveggenza, un dono oscuro capace di proiettarti in una mare infinito di strade e incroci e ponti e possibilità nel quale perdere tutto (e basta, senza guadagnare). ma è possibile ancorarsi a qualcosa per non perdersi? forse no. come facciamo a superare lo scoglio.
forse la prospettiva ci inganna, tutti i livelli, sempre più sfocati in lontananza, nel momento presente della consapevolezza sono compressi in un unico quadro aberrante ma irreale. la progressione degli eventi non è fatta così, non segue una linearità ma un saliscendi di intensità e basse maree, una funzione non spiegabile matematicamente, una costellazione, un sistema di radici, uguale a sé stesso in ogni punto eppure così diverso.
eppure mi è così difficile rincorrere la velocità dei miei pensieri e delle mie paure. mi sembra che le possibilità future siano così schiaccianti da opprimere anche il passato, renderlo pallido e insignificante. compromettono con forza le basi su cui mi reggo, a chi sto scrivendo questo? a me stesso forse. anzi sicuro. non sono sicuro che mi interessi la lettura da parte da altre da me. e anche se fosse, sarebbe forse bello, sarebbe forse meglio. anche questo è un rizoma, un sistema, una costellazione.
che sia vero o meno, senza dubbio si tratta di un nodo, un fulcro, un passaggio, una prova. e nello scrivere mi rendo conto che se dovesse essere vero, tornare su queste righe, tornare su questo pagine, mi sarà impossibile. sarà annichilente, sarà umiliante perfino. e non lo farò, non lo farò più.
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ho riflettuto molto sul tornare o meno ad editare questo post. chiaro, l'evento prospettato nelle righe precedenti non si è verificato (per fortuna). rimane la consapevolezza del punto di passaggio, una sorta di strana illuminazione attraverso il fuoco. molto doloroso ma anche, in un certo modo, utile.
questo post rimarrà così, intoccato, a futura memoria. come profetizzato tornerò su queste pagine abbastanza presto.
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