giovedì 28 marzo 2019

18.03.2019 - FDBCK


La stesura del corposo post a cui sto lavorando si rileva molto più lunga del previsto: come per Tricoli parliamo di una trentina di dischi, da suddividere per gruppi o collaborazioni. Un ginepraio giornalistico insomma. Mi piace la parola ginepraio, rende molto bene il concetto. 
Detto questo ci tenevo a condividere qualche pensiero su alcuni temi, magari in maniera più contenuta, in modo da mantenere una certa continuità e frequenza di scrittura. Anche un modo per aggiornavi su alcune questioni personali. 
Ma partiamo con ordine: alcune settimane fa si concretizza l'idea di fondare un gruppo di lavoro con alcuni amici/conoscenti della stessa realtà territoriale. L'obiettivo è quello di animare alcuni luoghi montani con attività culturali, di prossimità e turistiche. All'interno del gruppo già alcuni hanno avuto esperienze dando vita ad un progetto di residenze artistiche durante quest'anno e il precedente. Il mio ruolo, assieme ad altre persone a me vicine, sarebbe quello sicuramente logistico (come tutti più o meno), ma sopratutto quello di dirigere un po' la parte artistico/musicale, scegliendo gli artisti per le residenze, pensando contenuti per laboratori e gruppi di studio/lavoro ecc... 
Questa cosa mi ha sicuramente esaltato perché nel corso della mia vita da ascoltatore/musicista mi sono imbattuto in tantissime realtà e progetti che possono essere incluse all'interno di questa progettualità. Basti pensare allo stesso Tricoli, perfetto in un contesto residenziale considerando anche la parte "concettuale/contenutistica" che potrebbe essere oggetto di discussione post-concerto. E tantissimi altri naturalmente. 

Contemporaneamente ho riesumato alcuni progetti elettroacustici tenuti nel cassetto da qualche mese. Durante le mie esplorazioni con il disegno improvvisato, avevo provato a creare alcuni circuiti di feedback fra la superficie del disegno stesso e alcuni microfoni ma poi la cosa era morta lì, anche per il fatto che uno degli speaker, usati come emettitore, si era dissaldato. Pochissimi giorni fa ho sistemato i contatti, ho confezionato due saldi speaker da usare come trasduttori e rifatto la connessione jack ad un vecchio microfono piezoelettrico dimenticato in fondo ad una scatola. In sala prove ho quindi sperimentato con il feedback controllato (altra differenza rispetto alla volta precedente), limitando e comprimendo il segnale con Ableton. Il risultato mi ha fatto esplodere il cervello, perché sono apparsi tantissimi dettagli di cui non avrei mai immaginato l'esistenza. Un piccolo capello o una ciglia, incastrata fra la superficie del piezo e lo scotch che lo riveste, se strofinata sulle superfici, esalta dettagli alieni. Ho anche esplorato le potenzialità del giradischi come strumento esoterico ma, avendo paura di rovinarlo, preferisco concentrarmi su altro.
Durante questa sessione di feedback selvaggio e dettagliato, ho registrato praticamente due ore ininterrotte di materiale. Ovviamente è una mole spropositata che dovrà essere esplorata, tagliata, valutata ecc...
Oggi, 19.03, ho provato un approccio più radicale, sempre utilizzando feedback e proprietà vibratorie dei materiali ma devastando poi tutto con una distorsione assassina. Perché fare tutto questo?
- Primo perché è tremendamente divertente, la distorsione, unita alla compressione selvaggio di Ableton, esalta moltissimo i dettagli di cui parlavo prima, generando del suoni potentissimi con uno sforzo minimo. E su questo mi fermo un attimo a riflettere: la spesa per fare quello che ho fatto oggi così come i giorni precedenti è stata, per me, nell'ordine dei 40/50 euro tenendo conto che le compressioni di Ableton si trovano anche nella versione gratis. Chiaramente se uno vuole esplorare le miriadi di possibilità del software (unendoci anche Max, per esempio) avrà allora bisogno di sborsare decisamente di più.
- Secondo perché, come le immagini in testa-coda a questo post ci fanno intuire, fra poc(hissim)o faremo un altro festino esoterico. All'inizio io e il mio compagno di avventure ci eravamo indirizzati verso un approccio minimale e più "elettroacustico" ma poi, complice anche un'urgenza di NOISE ANTIFA, abbiamo deciso che spaccheremo la faccia a tutti. Ho visto pochissimo concerti harsh/power nella mia vita e mettermi dall'altra parte potrebbe essere carino. Magari viene fuori un pogo devastante. La formazione sarà batteria + elettronica. Non ho foto in questo momento ma vi faccio un elenco sintetico di quello che userò:
---- Microfono Piezoelettrico: facilissimo da fare, devastante nei risultati. Collegato direttamente alla scheda audio.
---- Scatoletta di metallo con molla: inizialmente pensata per dei puri suoni riverberati si è da oggi trasformata in una macchina di morte. Un capo della molla si è staccato dalla sua sede lasciando uno spuntone di metallo che gratta direttamente sulla superficie metallica. Potete immaginare l'effetto. Anche questo strumento di morte viene collegato direttamente al
---- Computer con Ableton: la scheda audio a due entrate preleva il suono dai vari apparecchi periferici. All'interno del software, un canale per strumento, il suono viene compresso in maniera aggressiva e leggermente pannato, in modo da avere una bella immagine stereo dinamica.
---- Mixer: un mixer della Beheringer di infima qualità che mi serve per amplificare e distorcere all'inverosimile il segnale audio in uscita da Ableton (e quindi dalla scheda audio). L'uscita cuffie, stereo, viene usata come output principale da mandare all'impianto per diffusione e ascolto. Con questo metodo posso facilmente abbassare l'ULTRADISTORSIONE ad un livello tale da non fondere qualunque cosa. Le due uscite principali, invece, sono usate per amplificare due Speaker da un paio di pollici (non li ho misurati sinceramente). Gli speaker andrebbero teoricamente amplificati con un amplificatore dedicato (tipo hifi) ma in questo caso il volume interno al mixer è talmente alto che è facilmente in grado di farli vibrare in maniera dignitosa.
---- Uno dei due piatti del charleston: è assolutamente irrilevante quale dei due. Fra i vari materiali che ho usato come oggetto di studio devo ammettere che il metallo dei piatti è quello più soddisfacente. Fatto apposta per vibrare, crea facilmente battimenti e onde complesse, sopratutto se tocca altre superficie e si relaziona in modo non lineare con il piezo. Poi quando viene ULTRADISTORTO produce un suono inumano.
Quale potrebbe essere il workflow? Premetto che non ne ho idea e che ora scriverò qualcosa che si rivelerà stravolto la sera del concerto, però non si sa mai. Una superficie piatta, che sarà il suolo, fungerà da palco. Due musicisti l'uno di fronte all'altro mentre il pubblico a lato, guardandoli. Il piatto, concavo verso l'alto, è appoggiato direttamente sopra uno dei due speaker. Toccando il piatto con il piezo, o appoggiando semplicemente la scatola con la molla sopra il piatto, parte automaticamente il feedback. Poi è tutto un gioco di equalizzazione, di interruzione manuale della vibrazione, di spostamento degli attori, di relazione fra di loro. Insomma molto dipende dal tono della performance: se il batterista decide un approccio più ritmico, anche io dovrò adeguarmi, modificando in modo più manuale il circuito di feedback. Nei momenti più meditativi si giocherà sull'equalizzazione e sulla posizione degli oggetti.
L'ULTRADISTORSIONE è apparsa, come detto, solo successivamente quindi al momento ho solo l'approccio più minimale/elettroacustico da farvi ascoltare. Comunque lo trovo piacevole.
Alla festa si aggiungono anche degli speaker di dimensione maggiore. Trovo tutto piacevolmente incontrollato ma comincio a temere per l'incolumità dell'impianto. Molto probabilmente però sarò ubriaco quindi il problema è relativo.



Per spezzare un attimo la narrativa voglio condividere i primi esperimenti di un progetto che ho deciso di chiamare "Animali Morti". Sarebbe anche carino interrogarsi sull'aggiunta di un parallelismo musicale. Magari la sonorizzazione di queste immagini o qualcosa del genere. 
I temi si intrecciano piacevolmente, cercherò di andare con ordine. Il fulcro della narrazione qui è un gruppo di lavoro di cui faccio parte e che si sta ponendo l'obiettivo di proporre attività ricreative/turistiche e culturali sul territorio montano di cui fa parte. Il mio ruolo è quello prettamente "artistico" anche se non disdegnerei attività organizzative, educative con i bambini e anziani ecc... nonché cose più tecniche come tener aperto un eventuale circolo, audio e luci e così via. Recentemente siamo passati da un approccio vago, in cui si discuteva sui contenuti e sulle motivazioni, a qualcosa di molto concreto, come la stesura di bandi, individuazione di progettuali e partner ecc... è in questa seconda fase che mi è venuta l'idea di pensare a due workshop incentrati su musica elettroacustica e field recording rispettivamente. Naturale immaginare compenetrazioni anche perché i software, per esempio, per la registrazione di materiale audio, possono essere introdotti in entrambi i contesti. Il laboratorio elettroacustico è praticamente pronto, mancano le date e la strutturazione orario. Manca in realtà un confronto con gli altri partecipanti al gruppo di lavoro perché proporre un incontro da 6 ore può andare bene per me ma non per un'altra persona ovviamente. 
Stessa cosa vale per il laboratorio di field recording, pronto in uno schema generale, da condividere e rivedere nei dettagli. La parte didattica è per me fondamentale da quando ho sperimentato direttamente il lavoro di insegnante. Una didattica quanto più possibile peer-to-peer perché la condivisione, prima che la trasmissione unidirezionale di nozioni, è quello che mi interessa. I laboratori sono pensati per fornire ai partecipanti strumenti e tecniche legate al mondo del field recording e della musica rumorosa DIY però propongono moltissime attività di gruppo, sia per quanto riguarda il confronto, sia per quanto riguarda la costruzione o la realizzazione di opere e installazioni. 


Tornando a noi e ai progetti in duo a nome "Il Prete", venerdì scorso (mi rendo conto solo ora di aver parlato dell'evento ma al futuro incerto) 22/03/2019 si è svolto un altro micro festino in location segreta. Questa volta i partecipanti sono stati pochi ma è un fatto che possiamo considerare cercato da noi "organizzatori". La proposta musicale, oltre ad un Dj set condiviso, è stata unica: una serie (perché alla fine è diventata tale) di microset da pochi minuti di HC e Power Electronics. Dico questi due generi perché non mi viene in mente nessun'altra descrizione anche se immagino ce ne siano di più comprensive. Parlerò della mia personale esperienza e del mio personale giudizio premettendo una spiegazione preliminare: non mi sento in grado di dire che il contenuto proposto da "Il Prete" venerdì scorso sia giudicabile con dei criteri musicali ed estetici; non credo che, per quanto mi riguarda, urlare in una lingua sconosciuta con tutte le mie forze e distruggere gli strumenti per farne scaturire un mare di Noise sia una cosa che faccio per gli altri, per cercare un giudizio o per altre forme di rinforzo. In altre occasioni il dialogo che si crea, il giudizio, le critiche, i consigli, possono essere l'obiettivo e io in primis me ne rendo conto e lo accetto. Qui però, cercando di fare un ragionamento più profondo della semplice spocchia da artista d'avanguardia, credo che il movente sia un altro; credo che quello che ci spinga a fare quello che facciamo, indipendentemente dal contesto, sia l'urgenza espressiva scaturita dal dialogo con il mondo in cui viviamo; sia, in definitiva, il prodotto, malato e per questo salvifico, di una frustrazione sociale che deriva da tantissimi fattori che non ha senso nominare qui (potrebbero essere il lavoro, l'ambiente familiare ecc...). In sintesi ognuno esorcizza le proprie paure, ansie, frustrazioni quotidiane, attraverso i rituali che più crede congeniali. Importante anche soffermarsi su quest'ultimo termine, rituale. Il rituale è un'attività umana stereotipata, ovvero ripetuta, che assume delle caratteristiche simboliche. Quali caratteristiche simboliche assume il suonare assieme improvvisando e dandogli contro? Per me è un rituale di purificazione dai veleni della società, della competizione, dell'iperstimolazione. Poi è anche un rituale di veridicità, un momento in cui poter fare tutto il possibile senza limitazione. Anche un modo per condividere questa urgenza, per rendere la ritualità collettiva. Nel passato (anche recente) il rituale assumeva forma propiziatoria, salvifica, esorcizzante: pensiamo ai riti di fertilità precristiani (Wickerman per esempio, pensando a qualcosa di cinematografico) in cui un sacrificio umano o l'accoppiamento fra persone della comunità, era in grado di dirigere le sorti della semina e del raccolto. Quanto potenti potevano essere questi eventi se intere comunità li svolgevano e se la vita stessa degli abitanti era plasmata sulla base di queste ricorrenze? Ecco io voglio un rituale collettivo che plasmi attivamente la vita delle persone e ne indirizzi positivamente il percorso futuro. L'azzeramento del rituale nella nostra società, o la sostituzione con micro-rituali individuali che non hanno nessun effetto positivo ma solo quello di cementificare nevrosi e comportamenti, è stato spacciato per corretto, tacciando la saggezza di ricorrenze (come minimo) centenarie di superstizione e falsità. Esiste un rigore scientifico che possa indagare correttamente questi eventi ma il fatto che fino ad ora non riusciamo a comprenderne il significato sociale, non significa affatto che siano sbagliati. Ripeto sono comportamenti umani che, in alcuni casi, si sono protratti per secoli mentre noi stiamo a specularci sopra da qualche decennio. Giusto questo abisso basterebbe per interrogarsi un attimo.


(L'immagine qui sopra, modificata leggermente, è anche diventata lo sfondo di questo blog). Venerdì sera quindi abbiamo fatto del sano HC NOISE destrutturato, del tutto improvvisato sul momento, senza prove se non un check nel pomeriggio, senza regole, senza ritegno. Una lettura potrebbe essere il rumore di fondo della vita, concentrato brutalmente in pochi minuti di performance, ne crea un'immagine negativa che è possibile poi esorcizzare facilmente. Ma anche rimanendo banalmente sul senso di libertà che fare una cosa del genere crea, mi pare che si raggiunga raggiunto una buona sintesi.
Qua sotto vi metto un estratto di un minuto di quanto suonato (e in parte registrato) venerdì.



Come vedete il progetto "Animali Morti" ha invaso praticamente tutti gli ambiti della mia vita artistica. Sicuramente è stata un'esperienza piuttosto potente, non avevo mai provato un grado di devastazione sonora così potente. A prescindere dal mio giudizio su quanto fatto venerdì nello specifico, devo ammettere che una cosa mi piace moltissimo: la proposta musicale de "Il Prete" è sempre stata differente, ogni festa e ogni apparizione live. Dall'improvvisazione elettronica, a questo HC in faccia, passando per l'impro con la televisione e SuperCollider. Una cosa, questa, che alcuni spettatori e amici mi hanno positivamente sottolineato.
Voglio una multimedialità o, come dice qualcuno, una transmedialità in quello che faccio. Voglio anche che la mia proposta sia quanto più varia e destrutturata possibile, con unica base quella semovente dell'improvvisazione. Solo così è possibile questionare direttamente e efficacemente la struttura dominante della proposta culturale e artistica. Solo con una proposta schizofrenica si può dialogare con la schizofrenia della modernità. Voglio che l'unica cosa che gli spettatori si aspettino sia il fatto di non sapere cosa aspettarsi, ogni volta una casualità, ogni volta una sorpresa di differente devastazione totale. E voglio contenuti, voglio proposte, voglio domande e dialogo. Non mi interessano le ripetizioni, gli argomenti di cui parlare sono stati già sviscerati abbastanza. Voglio un rituale dogmatico che liberi le persone da costrizioni e schemi di intrattenimento. E ovviamente voglio che la parola "intrattenimento" venga definitivamente eliminata dalla faccia della terra. La performance di venerdì è un po' un manifesto di questo pensiero, un pugno in faccia che ha il preciso scopo di destabilizzare la proposta musicale, rendere l'ascoltatore attivamente partecipe nel processo di creazione. Che poi, gli spettatori sono sempre partecipi e lo sono sempre stati, ma che sia consapevoli di questa partecipazione forse no. Bisogna interrogarli e non con domande verbali ma con azioni, con eventi sonori diretti esplicitamente verso la loro consapevolezza e il ruolo di ascoltatori, bisogna toglierli con violenza dalla loro sedia comoda o dal loro posticino fra la folla. Perché nel momento stesso in cui io mi strappo la maschera e le inibizioni beh, mi aspetto che lo faccia anche tu. Se io mi interrogo sui limiti della creatività e sulla tenuta della mie convinzioni mi aspetto che anche l'ascoltatore faccia un passo verso lo stesso tipo di domande. Venerdì è stato anche un banco di prova personale: volevo e volevamo vedere se quanto fatto non fosse solo un patetico elitarismo da musica elettroacustica ma potesse in qualche modo, come detto poche righe fa, spingere anche noi fuori dal personale cerchio di tranquillità. Io direi che per ora la missione si può dire compiuta: almeno per quanto mi riguarda non credo di essermi spinto così in oltre nel cercare i limiti della mia espressività. Il semplice fatto che ci sia riuscito però, automaticamente vuol dire che il confine si è solo spostato e questo mutamento apre a una serie infinita di speculazioni che non ho intenzione di affrontare adesso.


Il post qui si conclude dopo aver messo moltissima carne al fuoco. Mentre il mondo fuori continua a schiacciare tutto con la sua ineluttabile negatività, dentro sento un rifiorire di antichi entusiasmi. Ho bisogno di concretizzare maggiormente questi stimoli, ho bisogno di farmi totalizzare da questi interessi e ho bisogno di farlo rapidamente. Solo quando esprimo tutto questo mi sento realmente in equilibrio (o in disequilibrio, a seconda dei punti di vista) con il tutto.
Dopo questa breve pausa più personale, torno a lavorare sul post precedente a tema monografico. Un bel mattone effettivamente, quasi quanto quello di Tricoli. Ci risentiamo (spero) a breve, dopotutto sono quasi a metà.


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