martedì 14 novembre 2017

EH?!



Diciamo che un po' di tempo ne è passato. Anche un bel po' di tempo. Mi sono domandato solo ora a che punto del percorso dovrei essere, capire il significato di questo contenitore. Alla fine è solo una sorta di specchio dove guardarsi, leggersi, anche a distanza di tempo. 
Nonostante le perfettamente giustificabili perplessità che nascono dal gestire un blog che nessuno legge, con cui nessuno interagisce, proprio pochi minuti fa è successa una cosa molto strana (in positivo, vi anticipo): ho aperto il blog giusto per togliere un po' la polvere e ho deciso che avrei riletto più che volentieri il mio resoconto del concerto dei GY!BE del 14/11/2015, probabilmente il più bel concerto della mia vita, sperando di trovarci una dettagliata descrizione, scaletta e foto della strumentazione allegate. Invece mi trovo una scarna confessione, due righe in cui (in sintesi) dico che è stato troppo bellissimo per poterne parlare e chiudo augurando a tutti di vivere l'esperienza che ho vissuto io. Mi sono emozionato. No veramente, è stato bello. Ho capito che la scrittura aiuta a depurare il profondo da ciò che lo danneggerebbe (anche le cose che in apparenza sembrano buone, trascendentali) e lo fa come un'immagine in negativo, o come un compito a casa, qualcosa da svolgere e che esorcizza, come un rituale, le paure e il vissuto che abbiamo dentro.

Nei mesi che separano questo scritto dal precedente sono successe una valanga incontenibile di cose, la maggior parte delle quali incredibili. Una piccola parte provanti, al limite della sopportazione. La visione che ho delle esperienze e delle persone è cambiata più o meno radicalmente, il modo con cui affronto le scelte si è plasmato in prospettiva con un futuro un po' più incerto. I percorsi che ho scelto di ingarbugliare hanno rivelato segreti nascosti. Perdersi per ritrovarsi, mai banalità fu così vera.

In sintesi è tutto un casino. PERO c'è un però che vale ogni incertezza. La musica ovviamente. Sono successe innumerevoli cose anche su questo versante e, fortunatamente, non c'è ne è stata nessuna brutta!!! Era comunque immaginabile, la musica è salvifica, non può MAI andare storto qualcosa!

Prima di tutto vorrei tanto condividere con il mio stringatissimo pubblico (probabilmente inesistente) il progetto/gruppo/famiglia di cui faccio parte da ormai quasi 2 annetti. Abbiamo fatto un disco, abbiamo suonato un po' in giro per l'EST (FVG + SLO). Ci vogliamo benissimo e facciamo la musica della mente.
Nome FLUM, rigorosamente con lettura friulana (tradotto, FIUME), collettivo di psichedelici contorti e asimmetrici (in senso di influenze, non ritmico). La descrizione direi che può anche concludersi qui perchè rischio di passare la barricata ed unirmi a quelli che si autovalutano il disco (e che un po' mi fanno ricordare i gruppetti di 16enni che si scrivono da soli la biografia sulla pagina facebook 

AL PASSATO REMOTO

e ovviamente non voglio). Non potendo dare dei giudizi da "critica" sulla musica che faccio io, mi limiterò a raccontarvi ciò che provo come umano quando suono. Mi piace. Mi piace tanto. Mi piaceva tanto anche con gli altri progetti in cui ho suonato nel passato (uno solo veramente sopra le righe, per quanto mi riguarda) ma questa volta c'è una magia che deriva probabilmente dall'affiatamento/ creazione. Una delle canzoni che sono contenute nell'album è il pezzo di musica che ho sempre voluto fare e dal vivo, ogni volta che la suono, che sia in saletta o davanti a 13 persone (massimo pubblico) mi esplode sempre il cervello, mi si scioglie cazzo, cola dalle narici. Una cosa incredibile, mi vengono quasi le convulsioni. Il pezzo si chiama "Minimal Animal" e contiene una percentuale ingestibile di Motorik. 
Venga corta el rollo. Vale. Aqui està.


Lo sto riascoltando proprio ora, scrivendo questo pezzo. Mi tornano in mente tante piccole cose, tante piccole cose felici. Emotivamente è un bel disco, lascio ad altri la necessità di giudicarlo. Ci sono tante cose dentro e queste tante cose si stanno ulteriormente modellando e affinando.
Una piccola riflessione mi viene spontanea: non so perché condivido questa cosa solo ora. Temo di non averne mai avuta la necessità? La volontà? Non credo che sia una questione di pigrizia, mi pare quasi di aver sottovalutato questo medium (e me ne scuso), come se il gruppo fosse qualcosa di troppo "reale" per poter abbassarlo ad un contenitore virtuale. Come detto prima devo sforzarmi affinché questo torni ad essere un luogo di contenuti e parole.
Ad ogni modo questo passaggio, questa cosa di portare anche qui l'esperienza del gruppo e le sue modifiche e giri di vite, apre scenari interessanti: spostare nuovamente l'attenzione sull'esperienza olistica del sottoscritto, liberarmi un po' da quella forma/pezzo che è la recensione e ripensare più profondamente al vissuto. Un po' più diario e un po' meno rivista musicale. Alla fine, pensandoci, quando scriviamo "blogspot", dopo il nome di un album, lo facciamo per cercare il torrent, o il mega, non certo per leggere le opinioni di qualcun'altro (a meno che il disco non sia in free download o a meno che la recensione non sia come quelle dell'epoca d'oro di Solomacello ( masturbazione tutt'ora compulsiva su questo ).
Detto fatto quindi, si riparte più carichi che mai con una linea di un certo tipo in testa. Forse potremmo ripensare anche al formato con cui queste cose vengono prodotte... magari una piattaforma diversa. Questo discorso lo abbiamo già affrontato in un'altra sede a quanto ricordo e la conclusione è sempre stata

L'AFFETTO

Quindi no dai direi che almeno quello non si cambia (perché finire così non mi va tanto)
Aspettatevi dei bei live report /tour report nei prossimo mesi (l'attività live si sta intensificando speriamo). E nell'attesa (se lo trovo ovviamente) vi lascio uno dei tour report che più mi hanno affascinato in gioventù (il gruppo in questione credo sia composto da dai quasi coetanei quindi all'epoca più che diciottenni): si parla de "Le Scimmie".

TRANSIZIONE



E una cosa l'abbiamo detta. Doverosa precisazione. Il secondo punto fondamentale che questo "Primo post del nuovo corso" vuole affrontare è una nostra vecchia conoscenza. Il Drone. O meglio, il Drone come punto focale della mia esistenza, ago attorno al quale ruota gran parte della produzione artistica che tento faticosamente (ma con piacere) di condividere, nonché modello di vita e metro di paragone con cui giudico ciò che è bene e ciò che è male. 
Questa sede mi permette facilmente approcci più filosofici rispetto alla studio, dove il flusso di coscienza non viene tradotto in parole ma direttamente in pulsazioni sonore. Il Drone come chiave ripetitiva del tutto, quella sorta di immagine che si intravede quando si pulisce la condensa che la realtà produce sul vetro dell'universo, il pattern che si nasconde dietro alle cose. Avete presente il simbolismo mistico di Baudelaire in "Corrispondenze"? Lo ritengo ancora il classico poeta da nichilismo adolescenziale (ci siamo rimasti un po' tutti dai, Spleen e Nice (non mi va di cercare come si scrive correttamente) e poi passaggio obbligato Marx, Lenin, Bakunin e poi avete rotto il cazzo dio ladro) ma nonostante questo in quel preciso poema ci azzecca perfettamente. Parla delle corrispondenze simboliche che i vari aspetti della natura si rimandano, in una sorta di linguaggio segreto apprezzabile solo ad un animo e ad una sensibilità particolari. Un mondo idilliaco e sinestesico accessibile a tutti ma precluso ai più, probabilmente (secondo lui ma facilmente trasportabile e contestualizzabile ora) a causa del sonno della coscienza culturale collettiva, unita alla perdita del contatto che la società ha da sempre avuto con i "pilastri viventi" così magnificamente descritti dal poeta. 
Mi è venuto in mente "Corrispondenze" per chissà quale tortuoso passaggio mentale ma il fatto è che il Drone, quella matassa inestricabile di densità sonora, pulsazioni, vagiti, urli, rappresenta per me il suono di tutte le cose, la sinestesia definitiva fra il reale e ciò che vi è posto immediatamente dietro. 
L'ascolto del Drone mi tocca nel profondo, muove cose che reputavo inamovibili e mi aiuta a decodificarle, esorcizzandole e salvandomi. Forse il punto fondamentale del discorso è proprio questo: l'azione salvifica della musica (in generale) e del denso Drone (in particolare) è la chiave di lettura delle mie esperienze di vita in questo periodo. In una visione retrospettiva non stento a credere che lo sia sempre stata. 
Il mio io presente guarda all'io del passato e ride compiaciuto perché sa quali incredibili ascolti lo attendono. Allo stesso tempo l'io futuro vede ciò che sono adesso e perpetua il ciclo infinito della scoperta, dell'epifania. Ho avuto questa visione esattamente la notte scorsa, nel dormiveglia. Potremmo definirla "il ciclo della scoperta", il divenire che spinge ed espande i confini della nostra esperienza. Se mi perdo in questa visione sono contemporaneamente eccitato per il futuro e calmo e rilassato per il presente. Mi consolo diciamo, perché il percorso è solo mio, unico, posso confrontarlo con quello degli altri, posso arricchirmi e arricchire, mi definisce come umano e come uomo/persona. Mi sento protetto e gratificato da ciò che ho scelto per stabilire i confini di me stesso.
E in tutto questo intricato processo di espansione il Drone gioca un ruolo di primo piano semplicemente perché, a costo di ripetermi, è la riduzione massima possibile di tutte le cose. La trama che ottieni quando scomponi un suono fino nel suo intimo, fino ad arrivare alla sua natura primordiale. Anche la musica concreta, che per un certo verso potrebbe essere vista come la rottura dell'ultimo grande ostacolo nel design e produzione del suono, impallidisce davanti alla monolitica maestosità del Drone. Non esistono più barriere, né concetti, né regole o paletti da rispettare.

Questo discorso è un comodo ponte per introdurre un altro importante aspetto della mia vita musica. Un sistema modulare è entrato nella mia vita e nel mio modo di concepire la produzione musicale (questo significa che ho anche lavorato, almeno temporaneamente).
I moduli sono diventati il medium per poter entrare nel flusso di coscienza della creatività. Lavorandoci si capiscono molte cose. Proprio l'altro giorno argomentavo, parlando con un'amica, le caratteristiche del processo creativo e, vista anche la (seppur piccola) diversità linguistica, sono stato forzato ad esprimere un concetto apparentemente impossibile da trasmettere, nel modo più assimilabile possibile: ne è venuto fuori che il (appunto) flusso creativo è una cosa che esiste di per sé, assolutamente staccata dall'azione del singolo. Un gorgo nero subcosciente collettivo al quale puoi accedere in vari modi ovviamente, la tecnica, la perseveranza, il messaggio, il caso. Non saprei collocare i moduli in una di queste categorie. Più che altro il modulo è il medium, il gorgo è il gorgo, non ha una connotazione anche perché puoi accedervi con gli intenti più disparati, non solo quello musicale.

La bellezza del modulo è l'approccio dialettico. Esistono due entità nel processo: tu e i moduli. Oh lo so che sembra una stronzata da freak elettronici ma è la verità. Esistono dei momenti in cui la volontà del modulo è soverchiata dalla tua, stupido umano che guardi con una lente d'ingrandimento il nulla che ti scorre davanti, altri in cui è il modulo che, grazie alla combinazione astrale che tu volontariamente o involontariamente gli hai offerto, soverchia in maniera incoercibile la tua di volontà. Inutile dire che il secondo degli scenari è quello più gratificante, in grado di aprire varchi fra le dimensioni, sconvolgerti la mente in modi per me indescrivibili. Ogni suono, un epifania. E qui entriamo, o meglio graffiamo solamente la superficie, in uno degli argomenti che più mi stanno a cuore in questo mondo: l'annosa battaglia fra le possibilità melodiche e quelle ritmiche. L'approccio modulare alla sintesi e alla scultura del suono ma sopratutto il fatto che con i moduli faccio SOLO droni, mi ha convinto ancora più fermamente che l'uomo è uno strumento tanto quanto la macchina e, insieme, si avviano alla scoperta dell'universo sonoro, non melodico. La melodia (occidentale ma anche no in realtà) è un'insieme di regole più o meno rigide per sequenziare lo spettro sonoro udibile. Regole che hanno una indiscutibile base socio - culturale e neuroacustica ma che mi sento addosso come una limitazione. In parte è anche un'ovvia scusa per le mie profonde mancanze tecnico / teoriche ma sento che questo aspetto si affievolisce mano a mano che scopro, ascolto, parlo, amo musiche e persone affini a questo modo di vedere le cose.
Ma non sono qui per giustificarmi o per combattere una certa idea. Le forze si equilibrano.
La logica conclusione di questo mio avvicinamento ai moduli è che, oltre ad un aggiornamento più o meno costante della barra qui a fianco (per chi non lo avesse ancora capito quel profilo soundcloud è il mio) potrebbe essere una buona idea parlare qualche volta della parte tecnica magari, oppure degli approcci che mi piace utilizzare, del modo con cui registro o cosa penso mentre contemplo il nulla sonoro che mi ritrovo spesso ad evocare.



Tornando al discorso  melodico - sonori di prima, credo che il tutto sia anche fomentato dal mio recentissimo ascolto (ieri notte) dell'ultima fatica degli Zu. Gli Zu mi pare superfluo ricordare chi siano e mi pare pure superfluo ricordare il mio incondizionato amore per loro. Nell'ultimo disco, Jhator, la dialettica melodico - sonoro è tirata ai limite del possibile, un po' come succede con gli altri artisti del rooster "House of Mitology". Una roba che si sentiva pure tanto nei Coil, o in certe produzioni Ulver/ Sunn per intenderci. Credo che Coil e Zu siano due esempi più calzanti per farvi capire il mio modo di vedere le cose: è ovvio che una canzone come questa è molto melodica, anche troppo melodica. Ma è la melodia che evoca lo scenario che vi si para davanti quando chiudete gli occhi? O è quell'amalgama sonoro di cui fa parte ANCHE la melodia? Di cui fa parte ma in cui si sente quasi fuori posto, schiacciata da cose innominabili che non hanno un luogo, non hanno un'apposita casella fra i semitoni e la cui evocazione non richiede il premere su di un tasto ma un vero e proprio rituale oscuro. Questo, questa sfera di vuoto è quello che voglio, con così tanti sforzi, comunicarvi.

Direi che il post comincia a farsi piuttosto corposo. Non mi va che perdiate la voglia di leggere e di sapere. Mi piace questo nuovo modo con cui guardo a blogspot e al formato blog in generale, vorrei che ne faceste parte il più possibile. Per questo motivo non mi dilungo oltre, pubblico il post e domani ne comincio la continuazione. Ho veramente un miliardo di cose di cui parlare!