mercoledì 30 ottobre 2019

NIENTEZINE

Sto vivendo delle altalenanti sensazioni di futurabilità: nella fase discendente di questa sensazione mi trovo in un angosciante futuro distopico, nelle fasi più positive in una sorta di immagine positivista in cui i singoli trovano connessioni e condividono esperienze. Probabilmente, come tutte le cose, anche questa risente di un ciclo socio-ecologico che fa sì che, nonostante il disastro totale che circonda e permea le nostre vite, si riesca a trovare dei momenti di perfetta comunione e sincronia. Tutti argomenti che abbiamo sviscerato nel corso di questi mesi, in questa stessa sede. 
Da questo punto di vista ben poche sono le cose da dirci, più che altro ho sentito un'urgenza espressiva, incanalata in questo specifico medio più che in un altro, e ho dovuto mettermi a scrivere. Dall'ultima volta sono successe comunque alcune cose, anche sul piano personale/lavorativo. Ho vissuto alcune esperienze formative che hanno aumentato la mia consapevolezza e capacità di gestire le conoscenze. Sopratutto però ho sperimentato in prima persona l'allargamento degli orizzonti in tema di impro e musicalità in generale. Ho riflettuto sui temi della comunicazione e della partecipazione attiva, condensati poi in un prossimo e futuro massivo utilizzo del QRcode.


Benissimo, il sommario lo abbiamo più o meno fatto. Da dove partire? Direi forse di cominciare, come il titolo suggerisce, dalla mia nuova e timida esperienza editoriale, a.k.a. NIENTEZINE. Per prima cosa il nome è stranamente originale, nel senso che non ho trovato altre zines omonime (per quanto strano, me ne rendo conto). In ogni caso, com'è ovvio. si tratta e tratterà di una pubblicazione rigorosamente free e anti copyright quindi del processo inverso (qualcuno se ne appropria) non me ne potrebbe importare di meno. L'idea mi ronzava nella testa da un po' di tempo: il fascino per la carta stampata, frutto della propria unica e libera creatività (libera?) è qualcosa che mi ha sempre accompagnato. Si ok una zine. Ma per farne cosa? Questa è una domanda tanto fuorviante quanto difficile. Non esiste uno scopo nella mia idea di zine, non ci sono grandi prospettive e numeri editoriali. Semplicemente condividere in maniera libera e più o meno clandestina dei contenuti che vanno dall'arte casalinga, alla saggistica free, alle litografie d'oltre oceano. Il fulcro fondamentale, in cui il discorso sul QR code chiaramente gioca un ruolo parallelo, è la riflessione che sto portando avanti da un po' sulla comunicazione. (visto che la situazione, all'interno del post, sta prendendo una piega impegnata vediamo di fare le cose bene e con calma, addirittura le faremo per punti):
- recentemente mi sono interessato alle tematiche della filosofia del linguaggio. un campo di proporzioni inimmaginabili che comprende letteralmente tutte le correnti di pensiero umano per il semplice fatto che sono intrinsecamente pensate in una lingua, espresse e scritte grazie a parole e segni grafici. Non ho le competenze per entrare in questo campo minato ma alcune cose mi sento di sottolinearle: realtà e pensiero, pensiero e linguaggio sono talmente collegate fra di loro da riuscire ad influenzarsi reciprocamente. Il pensiero è linguaggio e il linguaggio, quando viene utilizzato per descrivere fatti, oggetti, circostanze e contesti, è realtà. Qua la situazione si fa delicata perché, per quanto io mi attenga ad un principio romantico secondo il quale l'uso della lingua e del pensiero sono in grado di cambiare il corso delle cose, la verità è molto più complessa di così e le mie conoscenze non mi permettono un'argomentazione completa. Quando ho letto la "Bibbia Psichica" questa consapevolezza, l'affermazione della pura volontà in grado di cambiare il destino di interi gruppi di persone, mi ha sicuramente affascinato. Per quanto ritenga che un rito o la "magick" siano delle cose molto lontane dall'immaginario fantastico a cui siamo abituati, sono anche convinto che la loro applicabilità materiale sia non solo possibile ma passi attraverso i processi di pensiero, linguaggio e realtà. L'architettura del nostro pensiero è fatta in questo modo proprio perché siamo in grado di articolare un linguaggio e l'articolazione del linguaggio è frutto della nostra architettura di pensiero. Il linguaggio a sua volta è il modo con cui descriviamo ciò che è reale, ciò che è oggettivabile attraverso i sensi (o meno), esperito e immagazzinato proprio dentro alla nostra architettura mentale. Il passo successivo è intuitivo: chiudere il cerchio significherebbe ammettere la possibilità che linguaggio e processi di pensiero siano in grado di esercitare un feedback sulla realtà. Le nostre azioni sono basate su questo feedback, tutto quello che facciamo che è modulato dalla risposta che l'ambiente ci ritorna, dal mangiare al cagare allo scopare ecc... Il linguaggio non dovrebbe essere un'eccezione ma si colloca ad un livello maggiore sia per la sua potenza semantica, sia per il suo utilizzo sociale.
- a questo punto ci stiamo avvicinando a una declinazione interessante di quanto detto fino ad ora. Il linguaggio ha una potenza di determinazione sociale inimmaginabile. è uno degli strumenti con il potere di riproduzione sociale più elevati perché, come dicevamo prima, crea la realtà. Una parola, il significato che essa trasporta, possono azzerare o magnificare differenze fra esseri umani, possono cancellare o creare abitudini e ritualità. Non possiamo evocare un sasso semplicemente pronunciando la parola che ne veicola il significato (anche se possiamo creare l'immagine del sasso nella mente di chi ascolta e questo, per certi versi è la stessa cosa) ma possiamo benissimo evocare reazioni sociali con frasi o singoli termini. Questo perché la realtà sociale è, appunto, una realtà, un mondo tangibile in cui siamo immersi e che, la maggior parte delle volte, subiamo passivamente. Possiamo, dobbiamo, agirvi attivamente, anche attraverso l'uso del termini e del linguaggio. A questo proposito mi viene in mente la battaglia linguistica per la ri-genderdizzazione delle femministe di nuova generazione (non credo di aver identificato correttamente il movimento ma spero che il significato passi correttamente). Potrebbe sembrare una cosa banale ma in realtà è l'esempio perfetto: è proprio attraverso il linguaggio che la genderdizzazione patriarcale ha (anche) avuto atto. Le differenze discriminatorie sono state oggettivate, sostanzializzate attraverso l'utilizzo della lingua, anche se la loro base era di tipo biologico. Oltre al tema femminista potremmo citare l'educazione (altra fabbrica di riproduzione sociale inconsapevole), le scienze sociali (anche se per prime hanno rivolto internamente il proprio occhio critico e riflettuto molto proficuamente su questi temi), la politica ecc...
- ho perso il filo del discorso
- tutto questo cosa a che fare con la zine o con questo blog? In realtà tutto e niente. Tutto a che a vedere con il linguaggio e la comunicazione e prescindere da questi mezzi è impossibile. Possiamo però esserne consapevoli e attivamente spingere verso un certo tipo di realtà piuttosto che un'altra. In questo senso è affascinante ripensare a Fisher e alla sua iperstizione, una narrazione culturale impiantata nel futuro che, viaggiando nel tempo, influisce sulla propria autorealizzazione. Se teniamo questa descrizione quando lottiamo per il femminismo, attivismo politico, ecologico, sociale, musicale ecc... subito le forze ritornano e ci sentiamo come rinvigoriti. Perché? Perché stiamo esercitando una funzione che, a detto dello stesso Fisher ma facilmente condivisibile, è atrofizzata nella nostra società, quella di immaginare il futuro, spingere i limiti della creatività per provare a ribaltare il telo del reale e vedere cosa potrebbe esserci dietro. Questo processo di immaginazione è imprescindibile dal linguaggio. Inoltre sono affascinato da quei movimenti di lotta che, nel tentativo più o meno riuscito, di ottenere le loro richieste sono riusciti a creare una narrazione culturale, una mitologia, un filo del discorso per spiegare la loro condizione, alle volte glorificando il passato ma, sopratutto, rivendicando fortemente un'idea di futuro senza diseguaglianze. Mi riferisco all'afrofuturismo quando parlo di narrazione politicizzata e di lotta e all'universo cyberpunk in un discorso più generale (sempre impegnato ma con contesti e tematiche leggermente diversi, anzi, che potremmo ritenere gerarchicamente più comprensivi). La narrazione non deve necessariamente corrispondere con mitologia però: non credo sia necessario utilizzare il linguaggio strutturato per descrivere passato e glorioso futuro della rete sociale in cui sono inserito. Nell'afrofuturismo esistono numerosi riferimenti ma permane l'idea narrativo/mitologica. A questo preferisco sempre una narrazione, certo, ma frammentata, scomposta in vari medium e pratiche, rizomatica (scusate dovevo) nel suo relazionarsi e compenetrarsi.
- vorrei mettere al centro il concetto di comunità. Per la sua natura semanticamente ambigua, potrebbe quasi definirla un "iperparola". Nonostante ci sia un termine corretto per indicare parole con più significati (parole "polisemiche", grazie U. Eco), questo neologismo, "iperparola", mi piace perché coglie meglio il carattere fluido di comunità, qualcosa che sì può esprimere concetti differenti, ma lo fa sempre compenetrandoli, mai separando. Così comunità di improvvisazione diventa comunità ritualistica o religiosa o filosofica, con o senza uniformità fra i partecipanti. è proprio qui, dentro questo calderone comunitario, che si muove la mia idea di attivismo, azione multipla e frammentata, per poter cogliere gli aspetti cangianti del gruppo. Un po' mi sto rifacendo all'idea di "kin" espresso da Donna Haraway, concetto che non ho la forza di argomentare qui ma che mi ricorda molto il rizoma espresso prima. Comunità è anche (come non potrebbe esserlo) comunicazione e condivisione. Comunicazione e condivisione sono linguaggio come strumenti attivo sulla realtà. Creare kin o creare gruppi, creare parentele inclusive è anche un'azione linguistica.
- possiamo chiudere il cerchio toccando alcuni temi che abbiamo volutamente lasciato da parte. Il già accennato QRcode, cosa c'entra con tutto questo discorso? C'entra in più modi in verità. Per prima cosa è un moderno sistema di comunicazione che è impossibile da comprendere senza un intermediario, una macchina in grado di capire la complessa crittografia di quadratini e dare loro un significato. D'altra parte possiamo benissimo svuotarlo del suo ruolo e lasciarlo così, puro simbolo senza significato, un po' come leggere un ideogramma cinese o giapponese (leggere, a rigore, non è il termine corretto). Come per noi sarebbe impossibile comprendere un ideogramma giapponese senza un traduttore, così è impossibile per un essere umano arrivare al contenuto del QRcode senza un processo di decodifica. Tutto questo è affascinante perché, non potendo umanamente svolgere i calcoli che conducono al significato dell'immagine possiamo benissimo trattarla come tale, senza necessariamente ipotizzare un qualche tipo di semantica (nell'ideogramma possiamo ipoteticamente risolvere il problema imparando il suo significato). Trattando l'immagine come tale entriamo non più nella semantica ma nella pura estetica visiva, una cosa che nemmeno l'arte contemporanea/moderna può fare con facilità. In questo caso non c'è letteralmente alcun significato. Sintetizzando il primo punto, del QRcode tende ad affascinarmi questa funzione in potenza che, se non utilizzata, diventa pura immagine. L'altro motivo per il quale l'insieme di quadratini e pixel c'entra con questo discorso, è il fatto che presuppone uno sforzo interpretativo da parte del lettore, di chi riceve l'informazione. Non è la stessa cosa che leggere dopo aver imparato una lingua, ovviamente, è piuttosto raggiungere una stanza dopo aver percorso un'anticamera, come aprire due porte invece che una. Effettivamente sforzo non è corretto, ha un carattere troppo negativo. In questo caso l'azione di aprire la porta in più è essa stessa il contenuto comunicativo, anzi, non è né forma, o significante, (il QRcode) né contenuto, o significato, (quello che il programma decodifica) ma qualcosa, di cui non conosco il nome, posto a metà fra i due. Capite bene come possa una cosa del genere possa affascinarmi. Inoltre è facile da usare, stampare, modificare e inserire in vari tipi di contesti (guerriglia urbana adesiva). Un discorso molto simile ma legato più al punto sulla comunità, va fatto per la zine. L'editoria libera mi ha sempre affascinato non tanto per la "libertà di contenuti" quanto per le modalità di distribuzione. Intrinsecamente è locale o, come ho con gioia appreso da "Xenofemminismo", "mesopolico", ovvero una pratica che si colloca fra l'attivismo comunitario ultralocale e la sfera macropolitica stato-globale. Possiede all'interno dinamiche per certi versi "solitarie", da monologo nel suo materializzare la creatività del singolo (ma su questo punto torneremo) e contemporaneamente il suo "donarsi", "concedersi" agli altri è profondamente altruistico anzi, ontologico quando parliamo di zine (l'essenza stessa di una zine è composta da queste caratteristiche). Poi se consideriamo le nuove forme di distribuzione il discorso si parcellizza e diventa difficile seguirlo in modo univoco in questa sede anche se, contemporaneamente, si fa molto entusiasmante in un'ottica di condivisione. Gli strumenti informatico/multimediali che abbiamo a disposizione, per quanto più o meno necessariamente sfuggano al nostro controllo diretto, ci permettono (o permetterebbero, più propriamente) una capacità di reale condivisione illimitata. Essendo di fatto astratti e basandosi su di un host fisico, una macchina, concettualmente sproporzionato rispetto al prodotto finale, dovrebbero spingerci a ristabilire le logiche economiche che riguardano questi temi, orientandole più verso uno scambio fra pari. Abbiamo già parlato di questi argomenti ma vorrei spiegarmi meglio: visto che molto di quello che facciamo in campo artistico ma anche in campo editoriale o informativo, si base su una macchina, oggetto fisico, limitato alla realtà concreta e alle sue leggi (anche) di scambio economico, dovremmo cominciare a separare le due cose, destinando al prodotto del lavoro informatico (sia esso artistico ecc...) una logica di scambio differente da quella che regola un oggetto fisico. Di fatto è un discorso identico a quello che sviluppato attorno alla differenza fra proprietà fisica (beni tangibili) e proprietà intellettuale (che comprende le opere d'arte per esempio). Ciò che noi, attraverso e grazie degli strumenti capaci di astrazioni notevoli, come un computer, immettiamo in un complesso sistema di scambio di informazioni (la rete, sia essa locale, globale o mesopolitica) dovrebbe essere regolato da altro rispetto alla domanda/offerta, per esempio. Da qui in poi per me la questione è irraggiungibile, non avendo gli strumenti per decodificarla, però il semplice inserire materiale in un rete senza orientare quest'atto al profitto, mi sembra già un buon passo avanti. Il formato zine, inoltre, mi permette di inserire in maniera molto facile il tema della collaborazione: basta richiedere ad artist* interessat* dei loro lavori per inserirli all'interno del numero successivo, creando una rete virtuosa di compenetrazione. Lo scambio ovviamente non deve essere solamente artistico ma anche filosofico o di saggi legati a tematiche particolari.


Il primo numero di Nientezine ha avuto un approccio molto "acerbo" per così dire, di fatto è stato un tentativo (direi esteticamente riuscito per i miei gusti). Si è trattato di un A3 variamente ripiegato fino all'ottenimento di un libretto di 8 pagine su cui sono stati preparati, dal sottoscritto, alcuni collage digitali con sostituzione di volti di annuari americani. La particolare conformazione dell'opuscolo, inoltre, mi ha permesso di lasciare un'intera faccia dell'A3 completamente vuota, accessibile svolgendo le varie pieghe (ovviamente reversibili)[la grafica scelta ve la lascio scoprire in autonomia]. Per i più curiosi trovate tutto il materiale (pdf, singole pagine sotto forma di immagini ecc...) proprio qui . Il link fornito rimanda a una cartella generica "NIENTEZINE" in cui ritengo verosimile verranno caricati tutti i file relativi a tutte le uscite future. Anche "Drive" (non Drive in sé proprietà google ma il sistema di condivisione "mesopolitico") merita una digressione sovrapponibile a quella fatta per lo strumento "zine". Di fatto è qualcosa che si avvicina molto allo scambio peer-to-peer nel senso che necessita una certa "intimità" informatica per potervi accedere. Forse è solo una mia impressione ma i mezzi di scambio di informazioni che tendono ad essere più specifici, attivi e personalizzati, mi danno sempre una piacevole sensazione di significanza, decisamente maggiore rispetto ad un post su un social network, diluito in un mare di altri. Tendo a dare un'importanza maggiore a notizie e informazioni che mi giungono direttamente, attivamente, attraverso un canale focalizzato come potrebbe essere una newsletter o un archivio Drive. Probabilmente è anche dovuto al fatto che, nonostante quelle che io chiamo "virtuose" pratiche informative siano molto simili ad una condannabile logica da impersonalità social, le piccole differenze che le discostano dalla media vengono magnificate positivamente.
Ci tengo anche a dare il merito di tutto questo entusiasmo editoriale a "COda fanzine", un progetto indipendente dalla cadenza variabile (varie durante il corso del mese solitamente) del quale potete conoscere qualcosa di più proprio qui . Io ne sono venuto in contatto durante una serata di noise e malessere nella bassa friulana. Il curatore di questo gioiello è Eugenio Luciano, un artista realmente eclettico, nomade fra Svezia, Italia, Regno Unito (ora) che al tempo girava un po' la penisola proponendo questo densissimo drone prodotto con uno strumentino modulare autocostruito (letale). La sua attitudine DIY è stata anche la base per lo sviluppo di NIENTEZINE che, come COda, ritiene fondamentale la diffusione e la stampa autonoma da parte di chiunque ne globo.  Il formato è diverso (molto affascinante quello di COda) ma la filosofia portante è comune. Ah! COda è pure una distro!!


Ok. Direi che per questo post gli argomenti di conversazione sono stati molti, e anche il materiale reperibile attraverso link direi che è vario. Il tema del linguaggio e del significato è qualche cosa che approfondirò in futuro, sento una forza sconosciuta che mi ci attrae. In questo periodo ho riflettuto molto su ciò che fa dell'arte che esprimo la "mia" arte e non ho trovato una risposta univoca, nonostante sia convinto dell'esistenza di un qualche legame di appartenenza. Nonostante questo stento ancora a intravedere una solida chiave di lettura con la quale decodificare e rendere personale ciò che faccio, oltre a permettermi di comprenderlo! Anche nel campo dell'improvvisazione mi trovo spesso a discutere con le persone che incontro e, nonostante sia in grado argomentare sempre meglio e su di un piano sempre più fra l'astratto e il personale, sento che manca qualcosa, una sorta di approccio filosofico solido a quanto faccio. Esiste la possibilità che questo approccio non sia raggiungibile e la accetto con consapevolezza, tuttavia non credo di essere in cima alla montagna senza essermene accorto. Quello che mi interessa maggiormente è il campo semiologico/semiotico dell'atto artistico/comunicativo. Cosa significa quello che sto facendo? Un'atto artistico è un simbolo? Veicola un messaggio? Lo veicola solo quando presenta una struttura decodificata dalla tradizione, quando l'ascoltatore possiede gli strumenti cognitivi per poterlo comprendere? E quando né ascoltatore né musicista sono in grado di prevedere l'andamento della performance, possiamo ancora parlare di atto comunicativo? Oppure è pura estetica, come nel QRcode? E se si tratta di pura estetica tutti i fini rimandi e sincronicità che animano un'improvvisazione cosa diventano? Sono domande che mi pongo sempre quando improvviso, dal primo all'ultimo secondo. Sono le domande che mi spingono a reagire all'altro e, contemporaneamente, ad ascoltarlo. Ma ovviamente non basta, non mi sazio semplicemente nel raccogliere dati e impressioni, io voglio sapere cosa sta oltre il gesto, oltre il suono, voglio capire se è una rete di relazioni a tenere in piedi la magia del momento oppure se esistono ulteriori o paralleli livelli di significato in cui perdersi.
Forse questo è il punto cruciale di tutti i miei discorsi, è da qui che possiamo tracciare linee di collegamento con arte visiva, impro musicale, scrittura, perfomance varie ecc... è nella ricerca delle relazioni di significato che si cela il motore di quanto faccio sempre. Per questo sono affascinato da cose che non veicolano un significato, perché, come nei migliori esperimenti biologici, per capire il funzionamento di qualche sistema bisogna guardare l'interno organismo quando ne è privo, per studiare le modifiche apportate dalla sua assenza.
Oltre a questo non dimentichiamoci dell'impegno politico che per me rappresenta una caratteristica fondamentale dell'attività artistica, due facce della stessa medaglia. Come abbiamo accennato prima linguaggio, arte e significato possono, almeno per quanto mi riguarda, fare breccia nel realismo sociale e modificarlo in modo positivo o, per lo meno, creare degli strumenti alternativi per poterlo osservare da altre angolazioni (e quindi automaticamente cambiarlo).
Visto che mi sto annoiando da solo direi di chiuderla qua. Fra non molto uscirà il numero #1 di NIENTEZINE, probabilmente meno acerbo, più collaborativo e più discorsivo del precedente.
- Sperabilmente il contributo artistico/visivo sarà completamente esterno, con artist* d'oltreoceano (non vi dico nulla per non rovinare la sorpresa). Mentre scrivevo quest'ultima frase mi è venuto l'irresistibile desiderio di partecipare anche io con qualche collage, quindi per ora non metto la mano sul fuoco per nessuna delle due possibilità.
- Ci sarà una parte discorsivo/"saggistica" (ahaha). Un primo tentativo di Zine, datato qualche mese fa e mai pubblicato (il formato era leggermente più ambizioso, con pagine A4 rilegate in un secondo momento) vedeva addirittura la presenza di un mio racconto fortemente influenzato dalla scrittura di Murakami. Nella nuova idea saranno probabilmente presenti alcuni brani tratti da letture recenti (Xenofem, parti del manifesto di Laboria Cuboniks, Cage, saggistica AntiCopyright, scritti sull'improvvisazione, brani di filosofia più o meno recente ecc...).
- Manterrò sicuramente l'idea del post sul retro, per rendere giustizia a grafiche particolarmente suggestive. Ecco, una volta pubblicato (con il corredo di file su Drive) potremmo fare un post apposito per la presentazione degli artisti invitati e per l'approfondimento sulle tematiche più discorsive. Uoooo!! Già vedo la multimedialità: la carta stampata che rimanda, sicuramente attraverso QRcode, direttamente ad un post di questo blog!!

Vabbè, tutte congetture che affronteremo [...] . Ci vediamo nel futuro.


mercoledì 17 luglio 2019

01.06.2019


Oltre a condividere con voi queste piccole immagini che mi stanno molto a cuore (per gentile NON concessione fisica-ma-morale di Jesse Jacobs, opportunamente modificata), vorrei tornare sul tema dell'improvvisazione radicale, John Cage e i Social Networks, sempre vedendo il tutto in una chiave più personale possibile. Come sempre, la piacevole sensazione di intimità, mi avvolge nel momento stesso in cui comincio a scrivere in questo spazio e, come sempre, mi riprometto di tornarci con frequenza maggiore (ben sapendo che non succederà purtroppo). Dopo la felice parentesi monografica, che mi ha avvicinato di persona ad alcuni grandi personaggi della mia musica preferita, sento la necessità di ripiegarmi per poter analizzare meglio alcuni temi che si sono palesati in questi giorni/settimane/mesi e che, di fatto, ho approcciato in modo molto simile, meritando dunque un approfondimento quasi "tematico". 
Forse la volontà di iniziare questo post è nata da uno stimolo Social. Effettivamente meriterebbe uno screenshot o qualcosa del genere per poter argomentare in modo più dettagliato. 


Ok. Facciamo una doverosa premessa: io stesso storgo il naso e mi chiedo "che diavolo c'entra facebook con un blog che ha una, seppur minima, pretesa di serietà? Risposta retorica: nulla, ci mancherebbe. Il fatto è che, a prescindere da questa parentesi di basso livello, mi è capitato, anche recentemente, di intavolare discussioni virtuose all'interno di questi social anzi, mi piacerebbe rivoltare la domanda precedente e chiedere: quand'è che abbiamo decretato la fine del dialogo, sui social network? La risposta, per me, coincide con il declino di questo formato presente (il blog) e degli ancor più potenti forum. Le differenze sostanziali sono 1) la presenza di un moderatore/deux ex e 2) la macchinosità del sistema. Il 2) sempre paradossale ma in realtà la lentezza operativa di qualcosa permette all'utente di riflettere sul contributo che pensa di, così generosamente, offrire. Non dimentichiamoci che Facebook (o altri, è indifferente) è uno strumento che ha fatto della propria democrazia una gabbia dorata e nel quale la mole enorme di informazioni impedisce completamente il dialogo e abbassa la qualità di contenuti (opinabile). Vabbè, questa premessa serve solamente a dire che qualunque discussione su qualunque tema si cerchi di intavolare in un gruppo di 20000 persone (di questo stiamo di fatto parlando), la deriva (le derive) saranno inevitabili e che quindi non ha senso nemmeno tentare.
Ma veniamo ai temi che questo appassionato post, carico di livore e critica, ci offre. Chiariamo subito una cosa: l'autore del post si riferisce specificatamente a quella patina di egocentrismo e apparenza che avvolge tutti i video, pubblicati in quello specifico gruppo, di gente che suona le proprie macchine, costose o meno, e si autodefinisce sperimentatore. Il problema quindi non è "semantico", non si tratta di attaccarsi ad un termine ma di criticare lo spirito "social" con cui questo termine viene declinato. La pubblicazione genera un inferno di risposte: quasi nessuno coglie l'aperta e palese vena polemica ma più o meno tutti si sentono in diritto di dover dire la loro, quasi si sentissero chiamati in causa direttamente. Una delle derive di maggior successo è quella violentemente critica in cui l'autore viene tacciato di elitarismo, snobismo, porcodiismo ecc... Un'altra deriva è quella, tanto inevitabile quanto irritante, goliardica in cui il livello della conversazione viene azzerato completamente. C'è poi quella che difende a spada tratta la libertà di espressione, quella dotta e ricercata ma carica di superiorità quasi didattica e poi, sotto, il tentativo di intavolare una discussione concreta. Considerate che poi tutte queste si mischiano in maniera hybrida visto che i sostenitori di una possono rispondere liberamente ai commenti che riguardano altre (anche questa la tomba del dialogo, come è facile capire).
Sottolineiamolo ancora una volta e poi passiamo oltre: a meno di non trovarsi in un contesto social estremamente virtuoso (gruppo di piccole dimensioni, moderatore attento e attivo) e diminuendo il livello di livore iniziale (che però è scaturito dalle caratteristiche stesse del contesto, già viziate) una conversazione che produca informazione e risoluzione è impossibile. Fine, passiamo oltre.
Oltre dove? Voglio analizzare i motivi che mi hanno portato a rispondere al post e a interrogarmi sui temi in esami. Lo farò inserendo, per prima cosa, un'immagine fuori luogo.


Il primo tema è di natura semantica: "sperimentare". Un termine veramente vasto che ha acquisito, nel corso del tempo, le accezioni più disparate. Qui è inizialmente usato in modo inaccessibile, spostandolo fuori dalla portata di persone che "dovrebbero limitarsi alle loro ruminazioni e tentativi". Il messaggio è quindi quello che, se non si hanno delle solide basi di studio e non si conosce l'ipotesi da verificare, la parola "sperimentale" o "esperimento", bisognerebbe lasciarla da parte e optare per qualcosa di più umile, tipo "cazzeggio" o "passatempo". Ci sono però dei problemi, quando si tenta di leggere il commento sotto questa luce: quello più macroscopico è il fatto che la critica, come detto prima, è rivolta non tanto all'esperimento in sé, quanto al verosimile motivo con il quale l'esperimento è condotto, ovvero l'apparenza, l'egocentrismo, il mettersi in mostra. Queste caratteristiche dell'atto social deviano la critica e la fanno apparire elitaria o snob quando in realtà si riferiva a tutt'altro. Sta all'autore palesare le propri intenzioni ed è ovvio che, se non ci riesce, i commenti prenderanno le derive dette prima. In sintesi, se le tue intenzioni non sono perfettamente chiare e se parti già carico di tensione, gli effetti saranno lo specchio di quanto apportato (anche se è possibile rimediare, come sempre).
La mia critica però esula da questo, mette in secondo piano la forma, il contenitore, e si concentra sul reale concetto semantico di "esperimento". Potremmo vederlo in vari modi, ovviamente, anche nella sua accezione empirista ma sinceramente equiparare un atto artistico a un asettico ambiente di laboratorio (non) andava bene (nemmeno) nel secondo dopo guerra. Giusto per completezza:

esperiménto (ant. speriménto) s. m. [dal lat. experimentum, der. di experiri: v. esperire]. – 1. raro. L’atto, il fatto di esperire, di mettere in opera, di ricorrere a: decidere l’e. delle vie legali. 2. Più com., quanto si fa per provare, conoscere, dimostrare le qualità di una persona o di una cosa: fare e. della fede altrui; dare e. delle proprie capacità; tentare un e., fare una prova (di cosa di cui sia incerto l’esito); fare una cosa per e., in via di e., a titolo di prova; è stato un felice e., un e. riuscito. Poco com. con i sign. di saggio: dare e. di sé nel canto; o di prova d’esame, spec. scritto: sottoporre i candidati a un e. di versione. 3. Nel linguaggio scient., operazione o sequenza di operazioni con cui si intende riprodurre, simulare e determinare concettualmente un fenomeno, in modo che le sue condizioni siano note e riproducibili (di solito in laboratorio) e quindi la procedura sperimentale risulti ripetibile, al fine di corroborare o smentire un’ipotesi, per lo più sulla scorta di valutazioni quantitative: esperimenti di fisica, di chimica; un e. ad alta quota, a bassa temperatura; gli e. di Mendel; e. mentale, quello eseguito in una situazione immaginaria perché non ottenibile con i mezzi di cui si dispone, ma con parametri e grandezze rigorosamente definiti, per saggiare un principio o una legge scientifici in casi limite o in un nuovo contesto; per l’e. cruciale, v. experimentum crucis. Il termine è talvolta usato come sinon. di esperienza, soprattutto quando acquista il valore di prova di una teoria, di un principio, ecc. 4. In diritto, e. giudiziale, mezzo di prova a cui il giudice ricorre per accertare se un fatto sia o possa essere accaduto in un determinato modo: consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione in cui si afferma o si ritiene essere avvenuto il fatto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso.

Copiare le definizioni lo so, è una cosa odiosa, ma in questo caso ci serve per argomentare successivi passaggi. Attenzione alla prima, che non avevo considerato: provare, conoscere, dimostrare le qualità di una persona o di una cosa. Interessante questa conoscenza, anche di un persona e delle sue qualità. Posso quindi anche sperimentare a prescindere dalle ipotesi iniziali. Posso conoscere le caratteristiche qualitative (è il nostro caso, se parliamo di arte) di qualcuno o di qualcosa anche senza degli elementi iniziali. La seconda è quella più conosciuta e si riferisce ad un campo prettamente scientifico. In questo caso è importante raccogliere dei dati iniziali su cui poi basare delle valutazioni successive, dimostrando o confutando un'ipotesi, posta a priori, e creando un modello che aiuti a spiegare situazioni successive. Come posso immaginare di adattare tutto questo ad un atto d'arte? Dopo aver tolto la scienza musicale, l'acustica, la musica concreta ecc... ben poco mi rimane. O meglio! Rimane tutta quella schiera di artisti e compositori che hanno adottato, sempre nel secondo dopoguerra, un approccio scientifico alla musica ma è proprio qui la differenza: la musica non diventa l'oggetto della speculazione empirica, ma è il metodo scientifico a prendere il posto di quello compositivo. Sono due cose sottilmente (e per questo largamente) differenti. L'obiettivo finale, ovvero (per stare molto larghi) l'emozione, il bello ecc... rimane inalterato ma viene accompagnato da un approccio sintetico, sistematico, classificativo ecc... La scienza, dentro la musica, entra sotto forma di esperimento qual'ora si vogliano valutare, attraverso dei dati misurabili e riproducibili, le caratteristiche del suono e dell'effetto che questo ha sull'ambiente. I due termini in grassetto sono decisamente cruciali per capire il discorso. Spingiamo tutto questo ancora un passetto avanti: se io progetto un'installazione sonora complessa, utilizzando le mie conoscenze meccaniche, la manovro con Max/Msp, utilizzando le mie competenze informatiche, e la rendo riproducibile in contesti ed ambienti diversi non sto facendo un esperimento, anche se i dati che utilizzo e le tecniche scientifico/filosofiche di cui mi avvalgo di fatto quello sono. Non lo sto facendo perché la finalità del mio operare non è definita dalla riproducibilità di quanto fatto, né tanto meno dal dimostrare o confutare un'ipotesi ma piuttosto dal messaggio che voglio trasmettere, dal contenuto musicale di quanto creo. Contenuto musicale è il più ambiguo dei termini però lasciamolo lì, non credo proprio che questo post arriverà a toccarlo. Infatti stiamo parlando di forma e contenitore, non di contenuto. Forse i passaggi tematici successivi andranno ad analizzare alcuni aspetti del contenuto ma, come vedremo, in un modo più trasversale.


Quindi? Finora abbiamo argomentato un po' la definizione di esperimento scientifico e l'abbiamo messa vicino (non vicinissimo) all'idea di atto artistico; è venuto fuori che sì, ok, figo ma non ci siamo del tutto: questa definizione di esperimento, sperimentale, sperimentare, non mi soddisfa di per sé e sicuramente non si adatta alla mia idea di arte o, più nello specifico, musica. Il che significa che, pur condividendo la posizione dell'autore del post per quanto riguarda l'astio verso le dinamiche social, non sono d'accordo con lui quando parla di "studio", "dati", "ipotesi", come detto in precedenza. Come risolviamo questa controversia? Potremmo utilizzare la definizione della Treccani che parla di "conoscere, provare, dimostrare le qualità ecc...". Non sarebbe neanche male se non fosse che noto una certa sfumatura di giudizio, la necessità di dover valutare o farsi valutare da qualcuno o qualcosa e questo mi sta un po' stretto.
La soluzione, l'unica, che ci rimane è trovare una nuova definizione di esperimento, che tenga conto di quanto detto fino ad ora. Esiste? Personalmente direi di sì ed ha anche una collocazione e una paternità ben precisa. Mi sono molto spesso interrogato su questi temi, anche stimolato dalle domande di ascoltatori che, giustamente per carità, chiedevano "Ma che musica suoni?". Una domanda devastante per qualunque musicista (?), domanda che tende a generare dubbi sull'identità artistica di una persona. Questa primavera ho avuto l'idea (casualmente virtuosa) di andarmi a cercare qualcosa scritto da questo benedetto John Cage. Perché ok, 4.33, le radio e i porchi dii ma volevo leggere, scorrere gli occhi su pagine stampate di parole partorite dalla sua di mente, non andare a caso seguendo le opinioni di terzi (o quarti). A posteriori lo consiglio a tutti, questo approccio: non fidatevi mai dell'opinione di terzi e sopratutto non basate discorsi e argomentazioni su queste opinioni. Per essere appropriate, è necessario che le basi del dialogo siano perfettamente vostre.
Torniamo a Cage: compositore, poeta, scrittore, filosofo, artista tridimensionale, esperto e appassionato di funghi (forse la cosa più importante). Operando prevalentemente nel secondo dopoguerra (ma anche prima in realtà), il caro John ha portato ad alcune rivoluzioni determinanti nel mondo della musica contemporanea. Non è compito specifico di questo articolo parlare nell'interezza dell'opera di Cage, piuttosto mi soffermerei su alcune caratteristiche utili ad argomentare la tesi iniziale e a spiegare la mia personale idee di sperimentazione musicale. Quando chiedevano a Cage "ma lei scusi, che ha rotto gran parte degli schemi della musica moderna occidentale, che musica suona, così eh, giusto per chiarirsi" lui giustamente si prendeva un po' male. Allora riflettendoci, e considerando gli approcci realmente "scientifici" dei suoi contemporanei, che vedevano nella musica concreta, nell'uso degli oggetti, nella suddivisione matematica di scale ed armonie, dei "metodi", delle cornici, degli strumenti, rigidi e rigorosi, decise di intendere il termine "sperimentale" come

Qualunque azione il cui risultato non sia prevedibile

e ci siamo arrivati. Quando ho letto "Silence", che è il compendio di scritti, conferenze e composizioni di Cage, questa definizione mi ha fatto esplodere la mente perché è esattamente l'approccio che, al tempo ma anche ora, ho utilizzato senza riuscire a darne una definizione specifica. Rispetto al nostro autore del commento Facebook iniziale è chiaro che la direzione è diametralmente opposta. Lui, sempre tolto il livore superficiale detto prima, richiede, per la sperimentazione, un entry level piuttosto alto:
- conoscenza musicale tecnico/storica
- conoscenza tecnica degli strumenti utilizzati (sintetizzatori, macchine varie, oggetti, strumenti musicali ecc...)
Una visione didattica che ha ovviamente delle solide basi nel mondo della musica: non è possibile che tu faccia qualcosa senza avere dei requisiti. Se provi a farlo comunque, il risultato che otterrai sarà inevitabilmente "brutto", "inefficace", "piatto", "scontato" e tutta un'altra serie di negative qualità che riflettono il fallimento del tuo tentativo artistico.
Cage si posiziona su di un altro piano. Argomentiamo poco alla volta, cercando poi di ragionare sulle contraddizioni che salteranno inevitabilmente fuori. John Cage, dopo una formazione classica in composizione e altre storie, perfettamente padrone degli strumenti della musica classico/contemporanea, attento studioso dei suoi pari, decide di infondere, all'interno del suo processo artistico alcuni elementi. Oltre a dare una nuova dignità al silenzio come spazio musicale fondamentale per la struttura di una composizione, inizia, fortemente influenzato da pratiche di mindfullness e di meditazione orientale, a utilizzare tecniche aleatorie (il libro dei mutamenti in particolare) per strutturare le proprie composizioni. Alla radice di queste scelte ci sono anche delle teorizzazioni molto forti riguardo alla figura del compositore in relazione a quella dell'esecutore e dell'ascoltatore. Sono cose che, nel mondo attuale, sopratutto nel campo performativo e delle installazioni, risultano già vecchie o poco innovative ma, immaginandole nella cristallizzazione musicale del secondo dopoguerra devono essere state una bomba atomica che mai, come intensità, saremo in grado di esperire.
C'è, con Cage, un passaggio di boa che dona una potenza nuova al caso e alle variabili che solo l'attimo presente è in grado di offrire, elementi che il compositore, durante la scrittura materiale di un brano, non sarà mai in grado di immaginare e che riguardano, per esempio, le condizioni ambientali di una sala concerti, l'emotività del pubblico e tutta un'altra serie di cose che abbiamo parzialmente toccato nei post sull'improvvisazione. Questo è il tema e, anche se il modo con cui la intendo è leggermente più vecchio di Cage, ho avuto modo di trarre molti spunti dall'opera del compositore americano. Giusto per tornare al mondo materiale, vi aggiorno sull'evoluzione del dibattito Facebook, trascrivendo la mia risposta iniziale:
          "A me personalmente piace tanto la definizione di musica sperimentale data da John Cage: "un'azione sperimentale è quella il cui risultato non è prevedibile" (circa, non ho "Silence" sotto mano). La discussione quasi sempre degenera su temi che con il contenuto ben poco hanno a che vedere ma l'imprevedibilità è un tema veramente affascinante quando si parla di musica. Da quando mi sono avvicinato a Cage, alle tecniche aleatorie e, più in generale all'improvvisazione radicale (senza aver alcuna competenza tecnico/didattica "formale" sull'argomento) ho capito che tutto ciò che faccio quando creo dei suoni (con il modulare, con la voce, con no-input mixer, con oggetti a caso, da solo o in gruppo ecc...) è SEMPRE sperimentale e la dignità di quanto creo non deve essere MAI messa in discussione. Questo perché, sempre seguendo Cage, l'importanza dell'atto sperimentale sta nell'atto in sé e successivamente nel prodotto. Ma in un gruppo Facebook (o in generale in un mezzo di comunicazione diverso dall'esperienza dal vivo) mi rendo conto che tutto questo discorso perde completamente di senso. Volevo giusto condividere alcune riflessioni sul significato della parola in causa che, nella mia sensibilità, appare decisamente diverso da quello da te proposto"
Oltre a sottolineare l'estrema inutilità di un dibattito del genere all'interno di Facebook, metto in campo alcune argomentazioni interessanti per la discussione. L'assenza di competenza tecnico/didattica è una cosa, da "autodidatta" NON "amatore", che mi sta molto a cuore e che, da "insegnante" (almeno in parte) reputo un vuoto educativo sia a livello scolastico liceale o tecnico che sia, sia e sopratutto a livello musicale che si palesa ancora di più in queste discussioni. La mancanza di conoscenza non inficia l'atto sperimentale. Questa è una verità, non una mia opinione. Dire "sei un ignorante" è una brutalità didattico/educativa che sterilizza il dialogo e affossa il tentativo evidentemente sperimentale di una persona. Questo non vuol dire che possiamo fregarcene della conoscenza tecnica o musicale che sia o dobbiamo smettere di esercitarci perché tanto è tutto uguale ma significa che, come scrivo nel primo commento di risposta, è educativamente abominevole non dare pari dignità a qualunque atto artistico. Per ricollegarsi a Cage, questa mia visione deriva anche dalle sue speculazioni sui metodi aleatori di composizione. Il "prodotto", che come sapete per me è un termine veramente orrendo se affiancato alla musica, ovvero il brano che viene ascoltato da un pubblico il quale darà una valutazione soggettiva edonica, non c'entra assolutamente nulla con il metodo, la composizione, l'esecuzione. Per Cage uno dei modi per separare i protagonisti di questa sequenza compositore ---> ascoltatore era l'utilizzo di tecniche aleatorie. Per me è l'utilizzo massivo di approcci di improvvisazione. Di sperimentazione. Anzi, mi spingo più in avanti: è l'unico modo (nella globalità, tecniche aleatorie e improvvisazione) per rompere (mentre lo scrivo mi accorgo che ne abbiamo già parlato) questo sistema malato che ha reificato persino un atto artistico come la musica e che, lo ripeterò all'infinito, mi fa vomitare.
Personalmente ho avuto la mia grande epifania artistica venendo introdotto al mondo dell'improvvisazione. Abbiamo lungamente parlato di questo tema e di cosa voglia dire per me ma, declinandolo in questo preciso contesto, è ovvio come improvvisazione faccia facilmente rima con sperimentazione. L'improvvisazione è automatismo dell'anima, giusto per sparare una definizione tanto facile quanto profonda. Il risultato di una perfomance improvvisata sarà sempre imprevedibile perché imprevedibili sono le basi emotivo/tecnico/psicologiche su cui si fonda l'atto stesso. Inoltre non possiamo includere l'improvvisazione nel novero degli esperimenti musicali scientificamente detti poiché i dati da cui partire di fatto non esistono come non esistono le costanti spazio temporali di riferimento. Il presente è un concetto arbitrario inesistente sul quale basiamo il nostro operato come improvvisatori. Atomizziamo il tempo e vi troviamo l'imprevedibilità, l'automatismo, l'azione-reazione, la psicoanalisi ecc... Non esiste nemmeno un frame metodologico come nel caso di Cage (che rimane all'interno della definizione di compositore, pur allargandone enormemente le maglie). Il possibile è la materia con cui operiamo anche se siamo fortemente limitati dalle nostre capacità tecniche es decir "non posso fare qualunque cosa di umanamente immaginabile" però al tempo stesso posso benissimo fare qualunque cosa di personalmente immaginabile e che si annovera fra le mie capacità. Non solo, posso farlo in relazione con quanto fatto da coloro i quali operino con me nello stesso tempo-spazio. Questo rende l'improvvisazione un esperimento bello e buono, sempre secondo la definizione di Cage.
Al tempo stesso il tema della "validità" dell'atto artistico può essere argomentato senza problemi: mancando i riferimenti è impossibile valutare qualcosa in termini edonici. L'unico punto è il rapporto che si instaura fra le persone, il legame di empatia che può nascere o meno e che riguarda sia i musicisti sia il pubblico. Mi sto ancora interrogando su cosa sia questo legame, su come sia possibile descrivere un'esperienza ma ho il timore di star forzando gli eventi nella solita cornice dualistica di brutto-bello. Forse la mancanza di riferimenti dovrebbe essere approcciata di conseguenza, accettando un'intrinseca impossibilità di comprensione: se il fine ultimo dell'improvvisazione è quello del non-io, dell'esperienza totale dell'altro, ed essendo questa esperienza umanamente inconcepibile, come posso giudicare l'atto in sé? Oppure: posso giudicare l'atto in sé? Esistono degli strumenti? Quando dopo un'improvvisazione sono soddisfatto, da cosa nasce questo sentimento? Questo sentimento esiste? Le sincronicità che sperimento che cosa sono? Ma molto più banalmente: gli altri esistono? Quello che io percepisco come altro non è solamente l'estensione di me? Non esiste null'altro che non sia io perché tutto quello che percepisco è il limite della mia realtà, il limite della mia persona. Quando improvviso, e quindi non esiste uno schema che possa dividere il mio ruolo, me, dagli altri e dal loro ruolo, chi è chi? Chi sta facendo cosa?
Ci siamo spinti troppo oltre. Direi che l'argomentazione iniziale è stata sviscerata efficacemente. Moltissima carne al fuoco su cui torneremo in un prossimo futuro.


domenica 5 maggio 2019

Astral Colonels - Good Times in the End Times


Torno molto volentieri, anche se in tremendo ritardo, a parlare di Tricoli e di un'illustre collaborazione che, colpevolmente, avevo dimenticato nel lavoro di monografia pubblicato qualche tempo fa. La collaborazione elettroacustica/free/avanguardia a cui siamo solitamente abituati è in questo caso leggermente più strutturata: non si tratta di accostare due nomi&cognomi e nominare le tracce con numeri e lettere progressive (autocit), ma creare un vero e proprio unicum musicale sotto il nome di Astral Colonels (che questo preveda future collaborazioni?). Va bene, un unicum. Ma nella pratica di chi stiamo parlando? In questo caso sarebbe quasi preferibile mantenere il dubbio, perché nominare il protagonista, oltre a Tricoli, significa automaticamente scoperchiare un vaso di Pandora dai fumosi limiti. Noi lo facciamo comunque, for the sake of informazione. Antony Pateras. Neanche io, che si suppone debba parlare di lui e citare i parallelismi fra i lavori passati e questo in particolare, so granché del personaggio, figuriamoci una persona assolutamente digiuna di musica come la si intende in questa sede. Per venirci incontro vi pubblico alcuni sintetici riferimenti, tutti tratti dal sito personale di Pateras, dove potete anche seguire i suoi viaggi ed esperienze musicali. Ecco la biografia striminzita: Anthony Pateras (b.1979) is an Australian composer/performer whose current work focuses on electro-acoustic orchestration, temporal hallucination and sound phenomena. Pateras has created over 75 works, receiving performances from the Los Angeles Philharmonic, Australian Chamber Orchestra and BBC Symphony, commissions from the GRM, Slagwerk Den Haag and Südwestrundfunk Baden-Baden, residencies from ZKM, Akademie Schloss Solitude and La Becque, and fellowships from Creative Victoria, the Ian Potter and Sydney Myer Foundations. He has released over 40 albums including collaborations with Mike Patton, Chris Abrahams and Valerio Tricoli, guested on records by Oren Ambarchi, Sunn O))) and Fennesz, as well as working in film with director Pia Borg, producer François Tetaz and literary critic Sylvère Lotringer. Aside from solo concerts, Pateras currently performs with eRikm, Jérôme Noetinger and North of North. Giusto per farci un'idea delle collaborazioni e dello spessore artistico che, come Tricoli, caratterizza il personaggio. Sul sito potete anche trovare una corposa biografia in formato pdf.
Di Tricoli sappiamo molto, anche se non tutto. Se volete chiarirvi le idee prima di affrontare questo disco potete fare qualche passo indietro (con tanti auguri) e ripescare la (tentativo di) monografia scritto su questo blog. 

Il disco è strutturato in tre parti/movimenti/brani, i primi due della durata di 13.00 minuti mentre l'ultima di 10.00 minuti circa. Affrontare l'opera è indubbiamente complesso perché gli strumenti, le tecniche, i materiali e i contenuti sono spesso inestricabili, fusi gli uni con gli altri e, sopratutto, innumerevoli. Penso per esempio alla comunione ipnagogica di Harpsichord, organo e piano preparato, il tutto riverberato e rivoltato, che troviamo nella terza parte e che, per quanto la forma rimandi a qualcosa di soave e votivo, la sovrapposizione dei contenuti stravolge questa idea, virando verso una sensazione di obliqua negatività. Quando il tutto poi si perde in un mare di drone la potenza dei due si sprigiona definitivamente, maestosa, per poi ripiombare in un delirio melodico indefinito (frutto di un uso impropriamente delizioso dell'organo (credo)). Quest'altalenante approccio a forma e contenuto e anche alla separazione drastica dei due (come l'uso della voce di Tricoli, su cui torneremo dopo) è una caratteristica non solo di questo disco ma, come siamo ormai abituati a sapere, anche di questo tipo di musica di confine. Proseguendo sulla terza traccia la melodia ha ceduto il passo ad un drone ad alte frequenze, prodotto da strumenti e sintetizzatori leggermente scordati gli uni con gli altri, per creare questa immagine d'organo quasi "blasfema", con l'utilizzo repentino di intervalli minori e sovrapposizioni melodiche distanti dalla "forma" di presentazione. Mi pare però che il contributo di Tricoli, in questa terza traccia, sia minore rispetto a quello di Pateras; o forse il mio è un errore dettato dal fatto che nelle rimanenti tracce, il siciliano è decisamente più evidente. 
Il secondo brano si apre con una cacofonia di samples, microsuoni Revox e rumori di Doepferiana memoria in un crescendo che si sfracella nel silenzio e nel drone elettronico a bassa frequenza. Dal magma nero riemergono piccoli dettagli, statica e una voce frammentata. L'uso del verbo da parte di Tricoli merita una sottolineatura, anche personale visti i miei recenti interessi in questo campo: sempre nel solco tracciato dal discorso sulla separazione fra forma e contenuto, è ovvio che il significato di quanto Tricoli dice non è di umana comprensione (o comunque non immediata) ma è proprio questo il punto. La sua voce viene costantemente manipolata, frammentata e distorta dalle tecniche e dagli strumenti dei due perdendo il contenuto e trasformando la forma in qualcosa che possa essere facilmente utilizzato come materiale sonoro. Stessa cosa vale per le vocalizzazioni come respiri, rumori ecc... In realtà questa è una semplificazione perché non si tratta di svuotare la voce dal suo senso di "essere voce" ma di donarle una nuova veste, una nuova dignità, specifica per il contesto a cui ci si riferisce. Senza dilungarci troppo sul tema (probabilmente farò un post specifico visto il mio interesse) torniamo alla seconda traccia. Anche qui esiste una progressione sinusoidale dell'intensità: dopo il silenzio iniziale i due costruiscono una babele di frammenti sempre più concentrati, inframezzando rumori, microsuoni e debris analogico con spettri vocali che si aggirano per l'immagine stereo, costringendo l'ascoltatore ad un certosino lavoro di riconoscimento di cosa sia reale e cosa no. Tutte le parole spese su Tricoli e sul ragionamento dei suoni posti oltre il reale, come fantasmi o "ombre" della memoria, qua ritorna in maniera urgente, esaltato dal lavoro di Pateras che direi, possedendo ovviamente un altro tipo di sensibilità, si colloca tutto attorno, riempie gli spazi, dona anche una certa intensità concreta alle astrazioni magnetiche. A volte anche troppo concreta, come accade nel momento forse più intenso del disco: dopo il corpus della seconda traccia, in cui si ascolta un dialogo spettrale fra i due, con ampio e intelligente uso dell'immagine stereo, perso poi nel silenzio, comincia una cavalcata "quasi" ritmica che, all'improvviso, si interrompe per poi letteralmente esplodere in quel "shimmering diamond refracting omni-directional compositional potential". Tutti gli strumenti rimbalzano gli uni sugli altri costringendo l'ascolto ad una frammentazione, non sapendo l'orecchio cosa seguire, su cosa concentrarsi (la tomba del Deep Listening). Come se l'energia dei due si fosse prosciugata in questo titanico sforzo, il resto della traccia è un lamento agonico, punteggiato di tentativi di prevaricazione falliti, rallentamenti magnetici, karpluss-strong e disintegrazioni statiche, parossistici riverberi. La traccia si chiude con il vocalizzo di Tricoli: ultimo respiro o primo vagito sta all'ascoltatore deciderlo.
Concludiamo con la prima traccia, formando un paradossale loop inverso. Fra le tre composizioni è quella che preferisco ma al tempo stesso quella sulla quale mi è più difficile fare un'analisi strutturata. C'è molto Tricoli, non tanto come esteriorità quanto come approccio fantasmatico. Pateras offre delle ritmiche da Glockenspiel (?) molto delicate sulle quali si innestano dei battimenti magnetici di intensità sproporzionata che stravolgono (positivamente) la narrazione. Grandi spazi di silenzio condiscono il tutto facendo emergere i dettagli microscopici, in un lavoro di intaglio notevole. In alcuni passaggi appare anche la voce, come sempre spettrale più che semantica. Il riverbero, dosato con sapienza, produce un'irreale idea di spazialità, confermata in un finale fuori fuoco in cui tutti gli elementi si fondono in un'unica, proteiforme, massa sonora.
Forse è in questa ultima-ma-prima traccia il vero senso del disco, questo approccio duale alla composizione, un po' Tricoli, un po' Pateras, ritornando sul discorso forma-contenuto. C'è una sorta di asimmetria, anche di intenti, fra le due personalità. La massa sonora di cui si accennava prima non è uniforme, sferica, ma presenta degli innesti artificiali rappresentati dalla melodia frammentata prodotta dall'organo (o quello che è insomma). Anche l'elettronica dell'australiano ha un effetto simile, spezzando la narrazione magnetica di Tricoli e, in alcuni casi, opponendosi fermamente. Stessa cosa, contraria, vale per l'altra metà del duo. Con questo non voglio affermare che ci sia un'incomunicabilità o una divergenza "negativa" quanto piuttosto che l'apparente inconciliabilità, anche semantica di fatto, fra i due, è la base del dialogo, è il contenuto dell'opera, il punto fermo di partenza. La capacità dialettica, in condizioni del genere, che, come apprendiamo dalla descrizione del disco su bandcamp deriva da 7 anni di studio, è un talento (acquisito evidentemente) appannaggio di ben pochi artisti. 


mercoledì 3 aprile 2019

07.03.2019 - Revoxologia e Sec_



Come accennato nel post precedente è giunto il momento di mettere più carne al fuoco in questo contenitore chiamato "AcidoKdel". La prima, forse sproporzionata, esperienza di giornalismo musicale che mi ha visto focalizzarmi su Valerio Tricoli, mi ha convinto a seguire sul percorso tracciato cercando però di mantenere una continuità contenutistica. Per questo motivo ho scelto di declinare lo studio in chiave tecnica e elettroacustica, andando a parlare del Revox B77 attraverso la figura di Sec_ a.k.a. Mimmo Napolitano.

Molte delle informazioni qui presentate sono state reperite direttamente dal suo CV (che trovate, lo citiamo subito, sul suo sito personale Toxo Records - Sec_) e scorrendo semplicemente il Pdf mi rendo conto di essermi infilato in un altro ginepraio, al pari di quanto accaduto con Tricoli. Ce la faremo anche questa volta. 

Classe 1985, nato ad Avellino, non possiede una formazione musicale definita e accademica quanto piuttosto un percorso di studi filosofico (laurea e magistrale). Solo successivamente si interessa al sound engineering ma immagino per una definizione di competenze già acquisite in maniera autonoma. Il percorso di studi potrebbe essere tema di riflessione: molto spesso artisti attivi nella multimedialità e negli ambienti d'avanguardia possiedono forti competenze filosofiche (in questo caso culminate con laurea e magistrale); mi piacerebbe capire come la formazione universitaria possa indirizzare la creazione artistiche o comunque come si interfaccino le due cose. 

Perché Revoxologia? Esiste un forte parallelismo con Tricoli ovvero l'utilizzo del Revox B77 come principale strumento di espressione. A differenza di Tricoli, Sec_ utilizza altri mezzi comunicativi che vanno da macchinari autocostruiti a laptop e a televisioni, creando quindi una più spiccata multimedialità rispetto al musicista Palermitano. Parleremo delle singole tecniche e tecnologie mano a mano che si paleseranno, nel contesto dei dischi e delle performance. 

Per sintetizzare rapidamente il percorso artistico del nostro possiamo individuare alcune formazioni e progetti principali. Struttureremo poi la narrazione sulla base di queste suggestioni, giusto per definire un'architettura al post e evitare di perdersi. Molte delle uscite sono relative all'etichetta Toxo Records, di base a Napoli e gestita dallo stesso Sec_ .

- Weltraum: prima formazione in cui milita e con cui pubblica 2 dischi (un disco e un ep). Noise percussivo che già matura lo studio elettroacustico ma declinandolo in chiave distruttiva. Microsuoni al massimo del volume. Giuseppe Esposito e Luca Piciullo militano anch'essi nel progetto. Giusto per chiarirsi: "Weltraum play violent and elaborated music since 2003. Their research deals with rythmical blocks, but they are not rock music. Concrete sounds, metals, processed electronics and noise, all these elements mixed with a very intense and primitive drumming. The guitar, prepared with tongs and springs, is percussive and devasting too. There's no melody, nor meaning. Everything hammers"

- Endorgan: harsh noise, droni profondi, ritmi sincopati, violenza.

- Aspec(t): una delle formazioni più prolifiche di Napolitano. In questa formazione utilizza laptop, radio, Revox e strumenti elettronici autocostruiti. Lo accompagna Mario Gabola, sassofonista, esploratore di feedback e risonanze sia con il suo strumento che con elementi percussivi, e Maurizio Argenziano (già militante in varie formazioni impro/noise partenopee, fra cui A Spirale) alla chitarra elettrica preparata. Una buona sintesi la trovate, sempre dal sito Toxo Records, qui: "Aspec(t) works with electro-acoustic instruments, digital devices and systems of feedbacks and resonations. Their music shares the timbrical research and the execution control typical of some radical impro music, but meets the visceral intensity and the obscure poetic of the new aktionsm and of noise music, as well as the research on analog devices and concrete sound materials of the sonic poetry. The result is a fascinating and inextricable forest of sounds: frenetic structures, noise explosions, ancestral cries, an unceasing perversion of the soundscape and the time stream". Gli intenti sono quelli che accompagneranno Napolitano nelle creazioni future, facendolo poi definitivamente approdare nella galassia elettroacustica e di musica concreta. Vedremo inoltre che il collettivo, nella sua integrità, collaborerà anche con artisti differenti per creare dei dischi affascinanti.

- Strongly Imploded: formazione di impro noise futuristico composta da Sec_, Francesco Gregoretti, Mario Gabola (di Apetc(t)) e Maurizio Argenziano, appartenenti a "Weltraum/Endorgan", "One starving Day" e "A spirale" gruppi di cui sinceramente mi è difficile reperire le coordinate ma su cui torneremo durante l'ascolto dei dischi specifici. 

Rara Avis: gruppo in cui militano Sec_, Ken Vandermark, Luca Pissavini, Simone Quatrana, Stefano Ferrian. Gruppo di improvvisazione elettroacustica (piano, revox, manipolazioni, sax, clarinetto, contrabbasso) che così, ad un ascolto rapido, pare molto interessante. 

- Solo: pubblica diversi dischi ed ep in solitaria. Ognuno ha la sue caratteristiche specifiche e ci torneremo nel dettaglio successivamente. Vengono pubblicati su Toxo ma anche su Secondo Sleep, etichetta che abbiamo ritrovato nel post precedente, e che aveva rilasciato Vixit di Tricoli. 

Collaborazioni varie: cito solamente in nomi in modo da poter cominciare la carrellata dei dischi. Poi chiaramente per ognuno spenderò più che qualche parola per inquadrarne il lavoro e la collocazione artistica. Jerome Noetinger, artista francese anche fondatore di Metamkine. "A Sp" che metto qui per semplicità ma è il progetto parallelo degli "A Spirale" che abbiamo trovato già nel super gruppo "Strongly Imploded", dediti a sax, elettronica, feedback. Micromelancolie artista polacco dedito a field recording e musica ambient (già mi frego le mani) e Younivers (?) per adesso un'incognita, è possibile che durante la narrazione compaia qualcosa di definito; pare comunque che, come Micromelancolie, sia un (o più) artista polacc*. Olivier di Placido, chitarrista francese che esce con Toxo per i lavori solisti; stando alla descrizione dell'etichetta Olivier ha creato uno stile personale che fonde chitarra preparata, elettroacustica e musica concreta. Dario Sanfilippo: la collaborazione si limita al disco "Fame d'aria" ma non riesco a reperire informazioni su di lui, al momento. 

- Attività live: non ci metteremo certo a fare review di concerti ai quali non ho assistito però, ed è una cosa che non abbiamo fatto con Tricoli, sarebbe interessante guardare alcuni video (URSSS come fonte principale) per avere un'idea più precisa della dimensione tangibile e live di Sec_ che, come per Tricoli, è importante anche più della registrazione (e questo vale in generale per la musica improvvisata).

Bene, abbiamo fatto un po' di ordine. Per completezza vi cito direttamente la fonte da cui ho tratto questo schema: la biografia di Napolitano, reperibile attraverso Toxo Records qui. Un plauso alla completezza, è veramente fondamentale trovare una fonte di questo livello. A questo punto cominciamo a parlare dei dischi in ordine cronologico. Un punto che mi lascio tutt'ora perplesso è l'utilizzo delle immagini, non so sinceramente come gestirla: da un lato mi piacerebbe collegare ad ogni disco la copertina anche perché molto spesso sono una parte importante dell'opera, dall'altra, essendoci millemila uscite di cui parlare, non vorrei diventasse troppo caotico. Decideremo ()

Weltraum - Traum/Trauma Ep - 2006

Esce per Lona Records il primo lavoro e della Band e del nostro. La situazione è già parecchio confusa perché Lona Records si perde nei meandri della storia (finita su Archives) e parrebbe essere un'etichetta di Hong Kong. Diciamo che c'è qualcosa che mi sfugge. Anche tutti i riferimenti che riesco a recuperare su Toxo riguardano il disco successivo, ovvero Sy. Dopo una più minuziosa ricerca rettifico le informazioni: si tratta effettivamente del loro primo ep ma attualmente non riesco a reperire nulla di ascoltabile. Vi copio/incollo una bella recensione di Daniele Lama su freakout: "Weltraum è la nuova ragione sociale dei napoletani Visione Sinfonica (che hanno saggiamente deciso di cambiare il nome del gruppo, pur rimanendo del tutto intatti nella formazione). Il loro ultimo lavoro è un ep costituito da due lunghissimi brani strumentali, “Traum” (di quasi dieci minuti) e “Trauma” (che si avvicina al quarto d’ora di durata).Il primo è incentrato su di un ossessivo, minimo disegno ritmico sul quale s’alternano momenti di diradamento sonoro a pesanti muri di chitarre in distorsione, suoni registrati al contrario e rumorismi assortiti. “Trauma” ha un incedere decisamente più “epico” e solenne, e melodie dissolte tra le pieghe di un compatto magma sonico (peccato per il drumming che a volte pare leggermente “scollegato” dal resto degli strumenti). Anche qui – come prevede il “classico” canovaccio post rock – non manca il gioco di contrapposizioni calma/caos, e l’alternarsi (parecchio suggestivo, in questo caso) di luci ed ombre. Il pezzo poi si sviluppa tra dissonanze, tentazioni “free” e violenti assalti di rumore bianco. Le idee non mancano, e il coraggio di osare pure. Bisognerebbe, probabilmente, solo mettere meglio a fuoco le prime e “catalizzare” meglio il secondo. In ogni caso questi ragazzi si confermano tra le migliori proposte nazionali in ambito di rock “altro” in cui mi sia capitato di imbattermi negli ultimi tempi. Peccato non poter ascoltare nulla, con queste premesse.

Weltraum - Sy - 2009

Questa volta escono per la neonata Toxo Records, gestita, come sappiamo, dallo stesso Mimmo Napolitano e per second Family Records. Basandomi sulla pagina Discogs parrebbe che questa sia la prima uscita dell'etichetta, un passo di autonomia che vedo fare a molti artisti. Sempre ammirevole. A differenza del disco precedente i riferimenti audio qua sono ancora reperibili. Esiste una pagina Myspace (sempre nei nostri cuori) ma da lì non si riesce ad ascoltare nulla. Direttamente dal sito Toxo invece si ricava qualcosa. Nonostante sia una delle prime creazioni discografiche sia di Napolitano che dell'intero gruppo, il lavoro è davvero notevole e interessante. Noise oriented e per "noise" intendo sia la sfumatura harsh/impro sia quella rock di scuola '90 (Lizard industriali). Per loro stessa descrizione c'è tantissima ritmica che arriva a sfiorare territori ipnotici (Sy3 e la sua circolarità mi pare un ottimo esempio). Manifesto dell'opera "NO MELODY/NO MEANING" mi sembra perfetto e anche se la melodia magari appare, e sto parlando sopratutto dei lavori di chitarra preparata, emerge sempre da un lago di oscuro, deformata e quasi irriconoscibile, grottesca (il che è un bene). No meaning si riferisce all'assenza di contenuto e alla focalizzazione sull'esperienza tangibile dell'ascolto/performance. Mi permetto un appunto perché la questione del significato mi sta a cuore: i Weltraum,e tutto il filone di musica a loro affine, hanno realmente il pregio di discostare l'attenzione dal possibile messaggio significante per arrivare alla radice dell'esperienza che, in definitiva, riguarda l'oggetto con cui l'esperienza è prodotta. In molte interviste viene esplicitato questo e la risposta è sempre, per il gruppo, un disinteresse per l'architettura concettuale che circonda la musica (significato e melodia) a favore di una focalizzazione sull'oggetto e sulle sue proprietà fisiche, timbro e ritmica. In definitiva un lavoro interessante, magari acerbo se visto in prospettiva dopo 10 anni; ad ogni modo mi piacciono particolarmente quando si concentrano sugli elementi ritmici e li rendono riconoscibili anche nel caos. Cover art di livello. Il disco è interamente (e devo dire piacevolmente) disponibile su Archivesg.or.

Asp/Sec_ - s/t - 2009

Un'auto-produzione in questo caso. Sec_ collabora con gli "A spirale", band fondata nel 2002 da Maurizio Argenziano (chitarra), Massimo Spezzaferro (batteria), Mario Gabola (sassofono del male) e Anita Furlani (violino). Interessante soffermarsi brevemente sulla cronologia perché le storie del gruppo e del nostro si intrecciano in molti punti, anche presenti. Gli "A spirale" diventeranno poi un trio abbandonando il violino. Argenziano e Gabola saranno i coprotagonisti, assieme a Sec_ dell'album in questione, titolato a nome Asp/Sec_. Vedremo il successivo intrecciarsi di storie con la formazione di Aspec(t), collaborazione fra Napolitano e Gabola (con l'aggiunta anche di altri ospiti). Come già visto sopra i tre (Gabola, Argenziano e Napolitano = Asp/Sec_) incontrano Gregoretti, batterista di "One Starving Day" formando il gruppo di improvvisazione "Strongly Imploded". Un po' labirintica come trama, però il lato positivo è che abbiamo definito i personaggio e stiamo cominciando a collegare gli eventi. Di questo disco specifico purtroppo non riesco a reperire materiale audio. Ci sono però diversi video live su youtube che possono aiutare nell'immaginare la produzione in studio. In realtà le fonti sono talmente diverse come contenuto che mi è difficile immaginare un possibile album. Andiamo da una suite drone che vira in concretismi impro, ad una collaborazione con Tricoli, solo Sec_ e Gabola questa volta, in cui prevale l'elemento noise e magnetico, passando per territori più propriamente free. Il mistero si infittisce. Una piccola postilla: in questa fase Sec_ utilizza prevalentemente laptop e synth (MS10?).

Endorgan - Endorgan (2009)

Esce sempre per Toxo questo disco della neonata formazione Harsh/Power Electronics. Nato da una costola di Weltraum si focalizza sulla distruzione che caratterizza solo alcuni dei passaggi del gruppo. Un assalto totale all'ascoltatore anche se non completo muro di suono. Ci sono anche momenti di concentrazione e dettaglio in cui anche i ruoli fra i due protagonisti emergono e si rendono evidenti. Per certi versi sembra quasi di trovarsi di fronte a materiale di Weltraum svincolato da una certa estetica, più libero e violento. La terza traccia, per esempio, è complessa e strutturata anche se si abbandona al caos cosmico in più passaggi. Una chiave di lettura sta anche nel manifesto "No melody No meaning" che qua pare anche più concretizzato rispetto alla formazione al completo. Ottima la chitarra preparata che sprigiona davvero tutto il potenziale perché, come sappiamo bene, i dettagli di chitarra si colgono meglio quando il volume è altissimo. Anche la produzione è curata, con utilizzo dell'immagine stereo, definizione dei suoni (per quanto possibile e voluto, trattandosi comunque di un disco power (?)). Qui potete trovare i riferimenti, alcune (positive) recensioni e due estratti da ascoltare. L'immagine è estrapolata direttamente dalla loro pagina personale su Toxo Records.

Aspec(t) - El obsceno Pajaro de la Noche - 2009

Primo disco a nome Apsec(t). La formazione, giusto per cominciare a prendere dimestichezza con i nomi, è formata da Sec_ con Gabola, sassofonista di formazione free/avanguardia. Nel disco compare anche Maurizio Argenziano, alla chitarra elettrica. Il disco esce per l'etichetta Belga "FF HHH" specializzata di impro, field, noise e la cui produzione potete facilmente trovare qui.
Assalto ininterrotto. Il sax è libero, incontrollato, va alla deriva senza freni, trascinandosi dietro una frana di detriti noise.
Tutto è pesantemente deformato e corrotto, come filtrato da pesanti distorsioni ad alta frequenza. Quando gli strumenti scompaiono, o si fanno meno deboli sulla scena, ecco comparire il feedback, sempre in agguato, viscido e pronto a sommergere ogni cosa. Sec_ ha un ruolo centrale ma meno evidente. Compare in primo piano solo con le convulsioni a bassa frequenza, gli sweep che appaiono fugaci nell'immagine, oppure nelle pulsazioni industriali pesantemente corrotte dalla distorsione. Risulta invece determinante nello spazio fra le cose, lavorando sulla manipolazione e sui dettagli microscopici. Solido.

Strongly Imploded - Why use a proxy? - 2009

Esce per la finlandese Ikuisuus, anch'essa specializzata in drone, free, impro, avanguardia e tutt'ora attiva, il primo disco a nome Strongly Imploded che, lo ricordiamo, è il super gruppo formato da Sec_, Gabola (uniti sotto il nome Aspec(t)), Gregoretti (batterista degli "One Starving Day) e Argenziano (chitarra negli "A Spirale" e anche negli Aspec(t)). Il disco lo potete trovare qui a vostro rischio e pericolo e non lo dico per mettervi in guardia verso volumi elevati, distruzioni elettronico ecc... quanto piuttosto per la sottile atmosfera paranoica che si infiltra fra le composizioni. Personalmente mi piace sempre molto quando l'amalgama fra gli strumenti, in un disco improvvisato, raggiunge questo grado di efficacia. I brani sono contenuti in una media di 3 minuti circa, tranne la prima traccia, una bella panoramica fondamentale per capire gli intenti del gruppo. Tutto rimane molto sotterraneo, mancano le esplosioni dei progetti precedenti in favore di un dettaglio e di una cura che permettono anche un ascolto diverso. Poi, per carità, i brani successivi presentano il loro momenti di assalto, però nell'economia del disco sono eccezioni (piacevoli) che spezzano la narrazione in maniera imprevedibile. Ottimo il Sax. Non so se sia il momento che sto vivendo come ascoltatore, però mi sono veramente immerso durante l'ascolto. Sinceramente meglio delle cose Harsh precedenti ma è forse anche un discorso di intensità dell'ascolto che tende a sfiancare rapidamente e, visto che per scrivere questi pezzi ascolto molti dischi di seguito, è chiaro che più intensi sono e più la cosa diventa provante.

Aspec(t) - Passione Farfallina - 2009

Cassetta pubblicata su "Joy De Vivre", etichetta italiana attiva nei soliti circuiti che pubblica cassette e piccole perle dal 2009 (questo EP dovrebbe essere il primo in catalogo = JDV 001). Purtroppo, come molto spesso accade con le pubblicazioni in cassetta, non riesco a trovare molto di ascoltabile. Non ci sarà stata la digitalizzazione e quindi ciao. Per sopperire a questa mancanza vi copio-incollo una breve recensione sepolta nei meandri della storia su Sands-zine: " Selvaggio come un branco di tigri, questo nastrino pubblicato in un marchio dalle implicazioni crassiane, ripropone una relazione ormai consolidata fra i campani A Spirale (nell'occasione Maurizio Argenziano e Mario Gabola) e SEC_ (il musicista elettronico Mimmo Napolitano). Più moderato ma ancor più inquietante nel secondo lato, con i tre più inclini a prendersi qualche attimo di respiro, “Passione Farfallina” è una congerie di voci, fiati, feedback e rumori vari. Un autentico concentrato di patafisica situazionista ad alta tensione".

Strongly Imploded - Freefall - 2010

Anche qui il reperire tracce audio complete è ostico. La cosa più vicina ad un ascolto che sono riuscito ad avere sono i brevi estratti contenuti sulla pagina del progetto. Attraverso il link potete anche leggere recensioni e farvi un'idea più completa. Per quanto mi riguarda, dal basso dei pochi riferimenti che possiedo, mi trovo perfettamente in accordo con Massimiliano Busti di Blow Up che si sofferma sulla caduta libera del titolo e del legame indissolubile con il contenuto musicale. Rispetto al disco (EP forse) precedente lo stacco e la maturazione sono notevoli. Molto più abrasivo ma non per questo meno piacevole, anzi. I passaggi sono adrenalinici e ancora una volta l'amalgama fra le parti risulta notevole. Forse qua Sec_ già esplora le possibilità del Revox ma non ne sono sicuro. La sua elettronica è più raffinata e si percepisce una certa direzione che comincia a distanziarsi dagli esperimenti Harsh degli esordi. Abbandona anche (o almeno non li utilizza in maniera così evidente) i suoni di Synth, riconoscibili e strutturati, in favore di dettagli elettroacustici più in primo piano. Notevoli anche gli altri strumenti con un Sax sempre utilizzato come una schiacciasassi. Gabola mantiene anche qui il ruolo di portabandiera, trascinando, in caduta libera appunto, tutti gli altri. Il disco esce per la tedesca Gruenrekorder, in una sfarzosissima scatolina in metallo.

Aspec(t) - Skinless - 2010

Successivo lavoro del trio che esce per Dokuro, etichetta nostrana recentemente (12-31-2018) defunta. Gli elementi, definitesi nelle uscite precedenti in un'elettroacustica malata e iperdistorta, si ripresentano anche nella terza uscita (in questo caso un'ep) del gruppo. La maturazione comunque comincia a farsi evidente e il legame artistico che unisce in musicisti permette dei momenti di free illuminato, droni e spettri elettronici che vagano nell'immagine stereo, graffi industriali e l'onnipresente, maestoso Sax di Gabola che ancora forse ruba la scena in alcuni passaggi. L'intro di "Paranoia Fleece" è una buona sintesi di quanto detto: chitarra al limite del riconoscimento (non a caso Argenziano sottolinea la natura elettrica del proprio strumento), Sax che vi si unisce mai del tutto, generando interessanti battimenti e Sec_ quasi in secondo piano, sottile e spettrale presenza che poi si apre appropriandosi degli stereofonici spazi vuoti. Una caratteristica, questa dell'uso dello spazio, che comincio ad amare nel nostro e che in progetti di questo tipo, così densi di avvenimenti anche estremi, possono fare la differenza (diciamo pure che sono vitali). Pure un accenno di struttura nella finale "Cigarettes", amabilmente condita (e mischiata fino alla fusione totale con il sax) con un po' di voce dall'inferno. Notevole.

Aspec(t) - Waspnest - 2010

Dello stesso anno questo full leght che esce per una cordata di etichette (Toxo certo ma anche Viande, Fratto9 Under the Sky records). Viande è l'etichetta fondata dagli A Spirale che ha pubblicato ANCHE una fighissima e gustosissima collaborazione del gruppo con i "Cadavar Eyes" (che quasi quasi mi vado ad ascoltare nel mentre EDIT è uno split ma va bene uguale).
Sulla pagina Bandcamp di Fratto9 potete scaricare il disco con modalità Name Your Price (che piace sempre). Nonostante sia Full Lenght in realtà i brani sono più che altro delle schegge, frammenti impazziti di impro noise. La formazione qui è in due, mancando la chitarra di Argenziano.
Porco cane che evoluzione totale. Ho volutamente inserito un'immagine più grande per dare il meritato risalto a questo lavoro che, sempre dal punto di vista di una persona arrivata FINO a questo punto, è di una maturità impressionante se confrontato con gli altri. Riflettendoci un attimo forse il problema è affrontabile considerando 1) la mia sensibilità, come si diceva prima 2) la lunghezza di brani e disco, molto più affrontabili 3) la mancanza della schiaccia sassi Argenziano che, sia ben chiaro, dava un tagli diverso, non migliore o peggiore, ai lavori in trio 4) lo studio sonoro di Sec_ che fa un altro passo in miglioramento. Mi rendo conto che, ad ogni disco del nostro, le argomentazioni tendono a ripetersi ma la verità è che esiste realmente un'evoluzione positiva e non documentarla progressivamente, mi pare un po' miope. Non capisco di chi sia la voce/lingua sconosciuta che aleggia su tutto il disco ma è una piacevole aggiunta, che già appariva in Skinless, e che dona una tridimensionalità tutta nuova. Cura dei dettagli, studio dello strumento e del suono, con Gabola anche lui in costante miglioramento. L'evoluzione positiva, c'è da dire, non riguarda i musicisti in sé, che comunque possiedono una formazione notevole, ma il loro legame come gruppo. "Deleuze Meetz Schimpluch" (???) è solo un esempio, ascoltare il disco intero è doveroso. Accenno necessario alle feed drums di Argenziano, padroneggiate magistralmente in "Bottomless Nest". Una tecnica che ho avuto modo di apprezzare in una recente esibizione di La Foresta e che, con risultati poco soddisfacenti, tento di utilizzare anche io, qui si fonde con l'elettronica e con il sax concreto, creando architetture spettrali. E potrei andare avanti all'infinito perché anche la successiva "Fear in Naples" contiene degli epifanici momenti di completezza. Veramente sorprendente. Occhio che "Becoming Animal" (qui traccia del disco) è anche un bel documentario/studio di field recording sulla separazione uomo-animale.
In sintesi: Waspnest sembra proprio il nido di vespe sul tetto dell'Overlook Hotel.

Strongly Imploded - Twilight of The Broken Machines - 2011

Abbiamo ora una serie di uscite a nome Strongly Imploded che vi ricordo è un gruppo di impro/noise napoletano formato da alcune personalità dell'ambiente, fra cui Sec_. Giusto come recordatorio, se andate all'inizio del post trovate una breve descrizione per ogni progetto, così potete farvi un'idea.
Purtroppo non riesco a trovare il disco intero da poter ascoltare però sul sito dell'etichetta, che in questo caso è la Public Eyeshore/Eh? records (sono due perché credo che ad un certo punto Eh? sia stata inglobata dalla prima però sinceramente non ho la forza di cercare dettagli), ci sono due estratti brevi, giusto per farci un'idea. Dai pochi secondi disponibili direi che i territori sono sempre quelli conosciuti, torna la chitarra distrutta, tornano i momenti percussivi e fa capolino una voce in evidenza. Per il resto vi rimando direttamente alla pagina dell'etichetta dove potete leggervi le recensioni, ordinare il disco e guardarvi la copertina (che non posto per la scarsa qualità dell'immagine). Sintesi: mai titolo fu così appropriato.

Strongly Imploded - III - 2011

Sempre del 2011, esce per Kimberly Dawn in edizione Cdr da 5 copie (ovviamente Sold Out). Impossibile recuperare alcun tipo di informazione se non la traccia che segue, miracolosamente rinvenuta su soundcloud. Da quello che si sente potrebbe addirittura essere un disco diverso, con un approccio ritmico/melodico più pronunciato anche se rigorosamente frammentato. Peccato non poter ascoltare altro. Vi metto anche il link al BlogSpot dell'etichetta così magari, se vi gira, potete intrattenervi con un po' di archeologia musicale. Come promesso ecco la traccia. Parliamo comunque di un brano pubblicato 8 anni fa quindi state all'occhio.



Strongly Imploded / Matomeri - Hier Et Ajourd'hui / Crow Bar Walk - 2011


Ultima uscita per il super gruppo. Questo è un 7'' splittato con i Matomeri, gruppo di impro/noise finlandese. Il lavoro esce per l'etichetta "A beard of snails" (che nome totale). Non trovando nulla su internet mi viene il dubbio che sia stato rilasciato solo in vinile e mai digitalizzato e anche questo è un bel peccato. Giusto per complicare le cose il sito dell'etichetta non è più funzionale e la pagina bandcamp collegata ha solo le ultime (?) uscite. Anche l'art work mi ispirava. Vabbè, se avete qualche notizia o qualche cosa da condividere, non serve che ve lo dica, sono ben accetti. E approfitto per magari esplicitare questa cosa: io ci sono arrivato solo ora e mi rendo conto sia una cosa risaputa ma effettivamente questo tipo di giornalismo (?) musicale spesso si scontra con uscite non reperibili, sopratutto quando parliamo di diversi anni fa. La condivisione qui è vitale anche per un motivo relazionale. Quindi l'invito è sempre valido. 

Aspec(t) - Abattoir - 2011

Dopo aver concluso con gli Strongly torniamo a parlare di Aspec(t) che, ancora in duo, alla fine del 2001 pubblicano questo nuovo lavoro. L'etichetta è la (mi pare) francese NUUN records che fra i vari artisti ha anche Asia Argento (maddai). Sul bandcamp personale degli Aspec(t) trovate il disco in name your price.
Sec_ e Gabola continuano in una ricerca sempre più profonda nelle caratteristiche del suono, affinando ulteriormente le loro armi personali. Sec_ compare come Tape Recorder, Laptop e No input manipolato attraverso il nastro e questo definitivo cambiamento è piacevolmente evidente. Tutto è così frammentato e minimale che sembra di assistere ad un minuzioso studio sonoro ma senza l'impersonalità harsh degli esordi. Il risultato finale è ipnotico e non ed è stato difficile per me ascoltare più volte il disco per capire gli intrecci fra i due e i significati nascosti. Molto di quanto si ascolta è vicino alle mie produzioni personali in duo quindi sobbalzo quando i partenopei cacciano quei frammenti di sincronicità magica frammentando perfettamente la composizione senza bisogno di uno spartito o di un tempo. Sono veramente dischi come questo che fanno capire quanto le connessioni nell'improvvisazione (ancora di più quando condita con elementi elettroacustici) siano inspiegabili e maestose. Non mancano i momenti di violenza cieca ma sono abilmente stemperati senza appesantire (non è il più felice dei termini ma non riesco a trovare altro) l'ascolto. "Strategy of Disappearence" poi è una piccola gemma quasi inaspettata che ricorda alcuni attimi di calma di "Why use a Proxy". Gabola si sta progressivamente fondendo con il proprio Sax.

Sec_ - Moscaio - 2012

Prima uscita a nome Sec_. Sarebbe interessante capire la genesi del nome e anche la collocazione cronologica. Ad ogni modo esce per la Polacca Boscian e lo potete ascoltare/compare qui. Un disco importante per capire anche la produzione anteriore. Quasi sarebbe il caso di partire da qui e lo dico perché è possibile capire l'approccio di Napolitano in maniera molto più immediata, rispetto magari al muro di suono degli Strongly o Aspec(t). Anche qua appare la voce e mi viene il dubbio che anche nei dischi precedenti sia prodotta dalle stesse corde vocali. Oppure sono solo campioni riutilizzati. In Moscaio, tutto è un cut up non euclideo: dall'utilizzo di innumerevoli tecniche di produzione sonora, alla frammentazione rumore/silenzio, all'apposizione, per esempio, del riverbero in "Echolocation". è un disco che si interroga anche sugli spazi e sulle geometrie dell'ascolto, in maniera molto "architettonica". Stiamo sul confine fra field recording e musica concreta (confine che, se uno ci pensa, non è che esista moltissimo). Pare di camminare in una fabbrica abbandonata ed interrogarsi sull'interno sonoro degli oggetti e sulle loro storie passate. Si vaga magari con la mente, si entra in quel piacevole stato fra sonno e veglia per poi ridestarsi di colpo. Che poi non dimentichiamoci che Moscaio significa proprio quello che sembra significare: [mo-scà-io] s.m. (pl. -scài)1 Grande quantità di mosche raggruppate insieme 2 Luogo pieno di mosche ma anche 3 ant. (e poco attinente al disco) Situazione o cosa molto noiosa. Validissimo esordio solista.

Jerome Noetinger & SEC_ - Testacoda - 2012

Siamo arrivati ad un punto decisamente importante della nostra narrazione. Questo disco, pubblicato sempre per la polacca Bocian, segna una fruttuosa collaborazione fra Sec_ e Jerome Noetinger, fondatore di Metamkine e figura di punta della Musique Concrete francese. Un peso massimo che ho avuto l'occasione di vedere dal vivo e fra i fondatori e promulgatori delle tecniche di manipolazione su nastro.
Entrambi i protagonisti suonano un Revox tape Recorder ai quali vengono aggiunti un mixer in feedback, vari microfoni a contatto, radio ecc... Il risultato può essere apprezzato attraverso due estratti reperibili facilmente sul soundcloud di Sec_ proprio qui. Ripetendomi, mi dispiace non poter apprezzare tutte le composizioni perché pare davvero una cosa atomica. Mamma URSSS ci viene in aiuto con una bella performance dei due.
I contenuti del disco sono quelli che ci aspetteremmo da una collaborazione del genere, field recording manipolati, microsuoni da contatto, interferenze. Tutto frammentato ma al contempo molto armonico, grazie a una coesione figlia della caratura artistica dei due. Rispetto a Tricoli, per fare un esempio in parallelo, c'è molto meno spazio. La concretezza è un elemento fondamentale, i suoni si possono quasi toccare, non sono lo spettro di ciò che è stato o l'immagine invisibile oltre lo speaker. Un'esperienza più fisica che astratta e lo si può facilmente capire anche dal video qui sotto. Due maestri senza dubbio.



SEC_, Micromelancolié & Youniverse - 2013

Apriamo il 2013 con uno split su cassetta. Pubblicato dall'Ungherese "Quasi Pop" vede la
collaborazione fra il nostro, il Field Recorder polacco Micromelancolié e lo sconosciuto (non ci sono molte tracce di lui nemmeno su Discogs) Youniverse. Sec_ si piglia un brano intero con la sua "Running Dog" mentre gli altri due collaborano su "Gravity Boat 2.1" e "2.2". La traccia di Napolitano è un macigno da 9 minuti che viaggia fra droni, perforazioni timpaniche e un sacco di pulsazioni industriali ultra-distorte, come se la cassetta fosse occasione per approfondire un lato più viscerale e ritmico delle tecniche da lui utilizzate. Appare forse del materiale audio già utilizzato nei dischi precedenti (e recenti) ma sempre distorto e riadattato al contesto. Approfitto di questa cassetta (ma avrei potuto farlo benissimo anche in precedenza) per soffermarmi sul focus che Napolitano fa dei rumori della macchina, i rumori di funzionamento del Revox. Esattamente come Jerome nel disco precedente, c'è un utilizzo davvero minuzioso di tutto quel materiale acustico derivante dal funzionamento intrinseco della macchina: il rumore di accensione, di stop, l'aumento o la diminuzione della velocità del nastro, sono tutte cose che possono essere facilmente e piacevolmente inserite all'interno della composizione. La traccia di Sec_ potete trovarla interamente attraverso il suo sito personale qui. I due brani a nome Micromelancolié & Youniverse si rivelano non meno piacevoli. Ci orientiamo più verso uno studio dark ambient con campioni di field recording pesantemente modificati fino ad essere irriconoscibili. Sopra questo strato più sfocato appaiono i dettagli più definiti che si incastrano senza lasciare soluzione di continuità: il silenzio, che nella parte di Sec_ appare anche se non frequentemente, dai due non è contemplato, rendendo così le composizioni sempre stimolanti (forse troppo?). Nella seconda "Gravity Boat" appaiono anche dei sample ritmici di batteria che spezzano completamente e violentemente la narrazione (un punto a favore). Molto meno nitidi di Sec_ ma non per questo meno validi.
I due brani a nome Micromelancolié & Youniverse potete trovarli e scaricarli gratis qui sul sito di un'etichetta che non spreco tempo a collocare nella galassie delle etichette che sta cominciando a diventare un po' ingestibile.

SEC_ - Errorvacuation - 2013


Il nostro torna a proporre un lavoro solista. In questo caso esce per "Many Feet Under" solamente in digitale. Potete ascoltarlo sul bandcamp dell'etichetta oppure scaricarlo senza fastidi da Archives che fa sempre molto piacere. Un sola traccia da 11 minuti. Copertina Mesmerica del demonio.
Il brano è un muro di suono ininterrotto. Interferenze elettromagnetiche distrutte dalla distorsione che diventano pulsazione ripetitiva, poi hum d'ambiente. Cronache dalla sala macchine. Un assalto frontale senza soluzione di continuità, anche se si riprende parzialmente fiato verso la metà del brano quando frammenti magnetici si spostano violentemente da una parte all'altra dell'immagine stereo lasciando degli spazi vuoti in cui riposare. Mi piace il modo con cui Sec_ usa la stereofonia: non è sottilmente gestita come in molti altri artisti ma è stuprata, tagli netti fra destra e sinistra, repentini e necessariamente inaspettati. Un bel brano, considerando anche la breve distanza che Sec_ mette fra se e quell'approccio elettroacustico più minimale e sottile. Qua l'esperienza è totalizzante, gli spazi vuoti sono assenti.

Olivier Di Placido & SEC_ - Rainbow Grotesque - 2013

Anche questo nuovo disco del 2013 esce per Bocian, esattamente come la collaborazione con Jerome e il disco solista precedente. Qui Napolitano collabora con Olivier di Placido, un artista credo francese impegnato nei temi dell'elettroacustica, improvvisazione radicale, chitarra preparata, strumenti autocostruiti. Purtroppo non riesco a trovare nulla se non due estratti disponibili sul sito di Sec_. L'impressione è notevole, i due sembrano fatti apposta per lavorare assieme ed infatti, dopo l'uscita di questo disco, fanno una serie di date fra Italia, Svizzera, Francia (passano anche per Dobialab, Staranzano, FVG, come testimonia questo incredibile reperto video). Parliamo di 7 brani suddivisi in due lati dell'LP. Anche in questo caso, se dovessi descrivere con una parola l'insieme dei brani, direi "Tensione" senza dubbio. Ci sono tantissimi dettagli su cui soffermarsi e la piacevole confusione sonora che si genera fra i due è inconfutabile indice dell'alchimia creata. Olivier tira fuori dei suoni completamente alieni dalla sua chitarra preparata e Sec_ affianca il tutto con una serie di perle di rara ricercatezza, sia come tempi sia come spazi stereofonici. E parlo solo dopo aver ascoltato le due tracce disponibili, figuriamoci il resto. Notevole.

Rara Avis (K. Vandermark, S. Ferrian, L. Pissavini, S. Quatrana, SEC_) - Mutations / Multicellular mutations - 2013

Passiamo ora ad un disco consistente, come potete subito notare dal titolo e dal numero dei partecipanti. Complesso anche da analizzare perché toccherà cercare qualche info dei vari protagonisti. Partiamo però dalla base ovvero da come reperire i brani: potete ascoltare il disco direttamente dal bandcamp di uno dei partecipanti, Ken Vandermark, qui in veste di sassofono tenore, baritono e clarinetto. Vandermark è uno degli esponenti della scena free jazz/impro nordamericana è ha contribuito alla realizzazione di numerosi progetti e collaborazioni nel corso della sua carriera ormai ventennale, sempre come sassofonista e clarinettista. Dai primi ascolti sembra avere un ruolo di primissimo piano nel disco. Luca Pissavini è un contrabbassista anche lui immerso nella cultura free e, come potete notare dalla sua pagina discogs impegnato in diversi contesti e progetti. Purtroppo il suo nome mi è nuovo e dei vari progetti di cui fa parte, non conosco praticamente nessuno. Di Simone Quatrana discogs ci dice ben poco oltre a ricordarci che suona come pianista e che ha collaborato, assieme a Stefano Ferrian, alla creazione del progetto A-Septic. Stefano Ferrian è un polistrumentista italiano che in questo contesto suona il sax (soprano e tenore) e, viste le sue competenze trasversali, anche in termini di composizione, registrazione e editing, si fa carico della parte tecnica (che in dischi come questi è fondamentale tanto quanto la parte musicale come ben sappiamo).
Bene, dopo questa introduzione doverosa passiamo ai contenuti musicali. Una cosa possiamo sicuramente dirla: è un disco diverso dai precedenti. Un'affermazione per certi versi scontata ma non per questo meno potente nell'evocare epifanici incontri. Tratti free, tratti più tradizionali e strutturati. Sec_ si amalgama perfettamente nel sali scendi degli altri strumenti, riempiendo gli spazi e donando piccoli frammenti elettroacustici, anche sotto forma di oscure pulsazioni infrasoniche. La prima traccia "Adaptation" mi sembra un buon manifesto delle intenzione del gruppo. Non è però sufficiente a scandagliare tutte le possibilità ed è solo con i brani successivi che è possibile capire cosa effettivamente significhi "Mutation". C'è una compenetrazione fra l'elettroacustica, il free jazz e territori e suggestioni più ortodosse. Le cose però non si limitano a coesistere in camere stagne separate ma, appunto, mutano l'una all'interno dell'altra per creare, alla fine del percorso, qualcosa di completamente nuovo e alieno (ma non per questo negativo, anzi). Incredibile il passaggio di Genetic Drift fra le destrutturazione free iniziale e l'abisso noise di Sec_, seguito a ruota, uno strumento alla volta, dagli altri musicisti. Ottimo anche il dialogo elettronica/contrabbasso.
Potrebbe apparire, ad un iniziale ascolto superficiale, che Sec_ si mantenga in una posizione di secondo piano, oppure che la sua presenza non sia così coesa con il resto della proposta ma i meritati ascolti successivi fugano ogni dubbio. Un disco da riascoltare con attenzione e che meriterebbe da solo un articolo intero.

Sec_ - Outflow - 2013

Sec_ registra il materiale per questo disco solista fra il 2010/1 e 2012 per poi pubblicarlo solo nell'anno successivo. Gli strumenti sono fra i meno convenzionali: televisioni a tubo catodico, neon, revox, mixer in feedback e field recordings vari. Non trovo un riferimento completo per poter ascoltare i brani, tuttavia, sulla pagina specifica del sito Sec_ potete trovare dei gustosi estratti (il link non porta direttamente al disco, per arrivarci vi tocca andare su "Discography" e poi cercare la pubblicazione di vostro interesse). Gli estratti ascoltati mi danno l'impressione di una maturità ulteriore anche se il materiale è in linea con quanto abbiamo imparato a conoscere. Il Sec_ degli esordi, armato di sweep di frequenze e korg ms10 ci ha definitivamente abbandonato. Rimangono i detriti prodotti da tecnologia mai intesa per la creazione di suoni, manipolati, disintegrati, riassemblati con cura dal nostro. "Send", facendo un esempio concreto, è incisiva nel dimostrare l'ulteriore evoluzione nell'utilizzo di campo stereofonico e, qui come non mai forse, del silenzio come arma compositiva. Faccio un appunto personale: in questo periodo mi sto appassionando al silenzio come concetto e spazio (anche) compositivo e devo ammettere che saperlo utilizzare, come fa anche Sec_ in questo frangente, non è affatto cosa da poco. La struttura dei brani si mantiene caotica ma sempre stimolante nell'alternare soluzioni diverse come diversi sono, appunto, gli strumenti messi in campo. Cito "Send" poiché la successiva "Dispersion" forse raggiunge meno l'obiettivo e si porta più verso lidi caotici che si riesci difficilmente a seguire. Forse l'ultimo estratto, "Return", rappresenta una buona sintesi fra queste due anime del disco, aggiungendo anche una forma ritmica/pulsante di matrice proto-industriale (ve la metto qui sotto via il soundcloud di una delle due etichette per cui esce questo lavoro, la già nota dENRecords). Una notevole tacca si aggiunge alla lista.



Olivier Di Placido & SEC_ - Mare Duro -2014

Siamo già nel 2014. Il duo, incrociato precedentemente, si consolida con questa cassetta composta da 2 tracce. Gli strumenti sono quelli soliti e anche gli intenti si sovrappongono a quanto ascoltato con "Rainbow Grotesque". Non mi dilungherei troppo: qui potete ascoltare due rumorosi estratti. Visto che il mio giudizio non si spinge oltre il ribadire quanto già detto in precedenza, vi rimando anche all'altrettanto sintetica recensione di "The New Noise" che potete trovare qui. Tra l'altro il francese dalla chitarra preparata pare esse in pianta stabile nella città partenopea (o almeno lo era ai tempi della recensione). Interessante perché una delle cose che questo lungo articolo su Sec_ mi ha fatto capire, è che Napoli deve essere una BOMBA ATOMICA in quanto a scena impro-noise-devasto. Talmente bomba da meritare una visita con una certa cognizione di intenti. Visto che sono riuscito a scrivere abbastanza da superare l'immagine, donando a questo paragrafo una piacevole armonia estetica, posso passare al disco successivo. 

Aspec(t) & Dave Phillips - Medusa - 2014

Questa collaborazione merita un bel po' di parole e tempo. Esce per la greca "Noise-Below", etichetta anche della cassetta precedente. Purtroppo alcuni link che potete trovare sul sito di Sec_ non funzionano più. Pare che l'etichetta abbia subito un qualche tipo di cambiamento dal 2013/14 ad oggi e, su bandcamp e tumbrl si trovino solo i dischi e progetti più recenti. Ad ogni modo trovate più informazioni qui. Per Dave Phillips mi dicono non dovrebbe essere necessario alcun tipo di presentazione ma la mia ignoranza (che comincia a farsi pesante e frustrante) mi ha spinto ad approfondire un po'. Artista multidisciplinare svizzero ha lavorato per moltissimi anni con improvvisazione, noise, field recording, installazioni, interrogandosi anche (e questo si lega al disco in esame) al ruolo dell'uomo all'interno dell'ecosistema e della relazione con la natura e con l'essenza "animale" degli esseri umani. Ha militato in una marea di progetti proponendo dei contenuti che trascendono di gran lunga il contesto musicale e che, per semplicità, potete trovare leggendo questa breve auto-descrizione reperita sul suo sito personale: "dp re/searches and ponders existences and behaviourisms humanimalistically. sound as communication in direct and primal form, a language, a tool of metaphysics, a conscience and a consciousness. opposing the omnipresent restriction and reduction of life and living. sound communications that activate primordial shared emotions otherwise hidden under the debris of civilisation. inviting rumination, encouraging intervention, endorsing catharsis. therapeutical stimulation is acknowledged. sonic activism, ritual protest music. Methods are audio de/construction, psycho-acoustics, sonic rituals, composition and performance. tools are voice, body, field recordings, electronics, objects, video. Topically dp might touch on environmental sensitisation, sentient awareness, animal and human rights, with existentialist connotations, but more so he enunciates how these and related topics interconnect, in a distinct way. dp rings in the era of humanimal." Quindi una collaborazione con gli Aspec(t) di Napolitano mi sembra ben più che normale e doverosa. Il disco ha delle fortissime implicazioni sociali venendo inizialmente stimolato dalla lettura di questo angosciante e profetico saggio sulla devastazione degli ecosistemi marini: la sintesi è presente in queste parole dello stesso autore "The jellyfish represents the collapse of the ecosystem and the spinelessness of the people charged with protecting it". Da questo punto di partenza possiamo immaginare i contenuti del disco, accessibili attraverso pochi estratti reperibili sul solito sito di Sec_. Il materiale audio viene registrato e quindi spezzettato in un cut-up che molto bene si sposa con le tematiche proposte e con la personale estetica di Phillips. Ascoltiamo quello che potrebbe essere definito un rituale sonoro sottomarino in cui la vita animale e umana, scontrandosi e lottando, producono suoni mostruosi, feedback, noise e urla abissali. Un disco urgente e violento. La ricerca di fonti e l'ascolto degli estratti mi ha lasciato un senso di asfissiante impotenza che penso mi durerà fino a "Droga" degli Aspec(t). Non mi soffermo tanto sul contenuto musicale: un po' la motivazione sta nella carenza di materiale da ascoltare, un po' (sopratutto) perché credo che l'importante sia il significato simbolico del disco stesso. Necessario ma doloroso.  

Dario Sanfilippo & SEC_ - Fame D'Aria - 2014

Collaborazione fra due artisti partenopei, esce per la francese "Tsuku Boshi". Anche in questo caso, più che mettervi il player soundcloud per ascoltarvi alcuni estratti, non mi soffermerei più di tanto perché il contenuto musicale è molto affine a quanto ascoltato fino ad ora. La differenza fra i due artisti si sente in realtà, sopratutto se consideriamo l'evoluzione personale di Sec_: Sanfilippo ci mette i suoi (spero) riconoscibili sistemi di feedback mentre Napolitano continua per le sue strade elettroacustica. I due si scontrano e si amalgamano piacevolmente, producendo nel complesso un lavoro più compatto e senza grossi spiragli, lento e vischioso. Se volete approfondire gli studi di Sanfilippo potete consultare il suo blog personale: quelli che banalmente chiamavo "sistemi di feedback" sono degli argomenti complessi nonché principale materia di studio dell'artista. Qui sotto trovate un brano, dal quale poi potete accedere agli altri. 



Sec_ - Stalattite - 2015

Cassetta solitaria per il nostro. Esce per Archivio Diafonico, etichetta italo-tedesca di affascinante proposta e estetica. Potete trovare i riferimenti proprio qui. Il progetto si focalizza sul "noise" nella sua accezione più ampia possibile, dai microsuoni all'Harsh totale. Basta un rapido ascolto alla proposta musicale su soundcloud, per capire perfettamente il manifesto artistico. Non fa eccezione nemmeno la proposta di Sec_ che si allinea con gli intenti dell'etichetta spostandosi però, anche di molto, dalla linea tracciata con le creazioni precedenti. Non è necessario possedere una fine sensibilità elettroacustica per capirlo: già l'accordo maestoso e oscuro che apre i dieci, asfissianti minuti del Lato A bastano per farsi un'idea del contenuto decisamente diverso dal solito. Parliamo di un arricchimento più che di una virata poiché i microsuoni e lo studio "concreto" da manuale di Revoxologia continuano ad essere posti in primo piano. Quello che compare è una sensibilità più "ambient" (? che termine del cazzo), più oscura e sfumata. Le manipolazioni su nastro lasciano sovente il posto a distese di Droni più che ai silenzi dei dischi precedenti (che sono comunque utilizzati magistralmente). Diciamo che Stalattite è un disco che si rispecchia perfettamente nel titolo: musica per discendere nelle profondità della terra, fra solitudine e movimenti tellurici. Oscure presenze industriali squarciano l'oscurità, come un faro che illumina una mastodontica formazione calcarea, la cui vita millenaria è lontana da ogni possibile comprensione umana. Forse lo scheletro dark di "Stalattite" mi ricorda troppo i primi lavori del nostro, suoni puri, anche se filtrati da pesanti distorsioni, protratti e senza soluzione di continuità, non sono più nelle mie corde ma questo è un giudizio assolutamente personale. Un disco coerente e solido. Sul sito di Sec_, nella sezione audio (che dovete andarvi a cercare nel menù a destra) trovate anche la traccia B della cassetta, traccia che poco si discosta da quanto detto per la sua gemella (in realtà mi è piaciuta sensibilmente di più).

Aspec(t) Zalaski - Droga - 2015

Ci stiamo progressivamente avvicinando al presente. Siamo arrivati ad un punto critico, sopratutto parlando del mio personale rapporto con la musica di Sec_ ed è quindi doverosa una contestualizzazione: io Sec_ credo di averlo scoperto attraverso URSSS, in un video che compare anche su questo blog, nel quale improvvisava in una performance con altri artisti legati al Revox e alla manipolazione su nastro (fra cui Tricoli). Nel passato più recente, come si può evincere dalla lettura di questi post, mi sono molto interessato all'improvvisazione, al Noise, all'HC, assieme ad un amico, fino a creare il duo di cangiante improvvisazione "Il Prete". Una delle nostre, iniziali e fondamentale influenze per capire a che punto fosse il mondo nell'intendere la nostra stessa idea di improvvisazione radicale, è stato proprio questo disco. Quando mi chiedono "spiegami un po' cosa fai con i tuoi rumori e le tue cose" io rispondo sempre citando "Droga". Per noi è stato un disco epifanico, una rivelazione, a cui poi sono seguite tante altre, che ci ha realmente dato una forte spinta di entusiasmo e creatività. Ci ha fatto sentire anche meno soli. Disco è una parola grossa perché l'unica cosa che sono riuscito ad ascoltare sono pochi estratti. Qui gli Aspec(t), come sappiamo Sec_ + Gabola, si incrociano con Andrzej Załęski, un batterista polacco assolutamente destrutturato che offre il suo drumming convulso e un uso (è un eufemismo) non convenzionale della voce. Per saperne di più sul personaggio vi basta visitare la sua pagina discogs: capirete dalle varie collaborazioni i suoi interessi e obiettivi. Il disco esce per la polacca Monotype Records.
Gabola abbandona il Sax e aiuta Napolitano all'elettronica, apportando le magie dei suoi sistemi di feedback autocostruiti. Sec_, qui come mai prima, amalgama i suoi nastri all'interno del maelstrom di violenza totale che i tre riescono ad evocare. Probabilmente ci sarà della post-produzione dietro ma l'immediatezza con cui il Revox viene utilizzato è veramente sbalorditiva. Deve esistere un'affinità perfetta uomo-macchina per poter improvvisare con quel grado di libertà e Sec_ la dimostra completamente. 
I brani sono devastanti. Sono viscidi, stracolmi di distorsioni che combattono fra di loro. Tutto è così sbagliato da risultare alla fine perfetto negli incastri fra elettronica e batteria, nella voce che scompare nel nulla per poi ricomparire in urli spastici. Un manifesto del noise Hc improvvisato da insegnare nelle scuole. Una serie di crash test in sequenza fra un muro di suono e il nostro cervello. E poi quella coesione perfetta fra le parti! Occhio, non dimentichiamo che stiamo parlando di impro, di una dinamica che accade grazie al delicato equilibrio fra musicisti e ambiente. Il contenuto non è certo alieno al nostro né tanto meno a Gabola, due protagonisti indiscussi della scena Partenopea ma un tale grado di coesione e, allo stesso tempo, destrutturazione, non c'era nei lavori improvvisati degli esordi. Qui tutti gli ingredienti sono perfettamente equilibrati e il risultato è evidente. Adesso che ci penso, e rileggendo le opinioni ai dischi precedenti, la mancanza del Sax di Gabola, già accennata in precedenza, dona una prospettiva totalmente diversa al giudizio. Ritorna quindi il tema dell'assenza, il saper decidere quando e come sia meglio utilizzare una determinata forma espressiva. 
In sintesi: un disco DEFINITIVO ma visto attraverso un filtro squisitamente personale. Ecco più che un giudizio qua parliamo di una pagina di diario, suggestioni interiori da leggersi nella recente epopea musicale dell'autore. 
Alcuni brani sono ascoltabili attraverso la pagina ufficiale di Sec_ (nella sezione discography), su soundcloud e su youtube. Purtroppo unendo le varie fonti non si riesce comunque ad ascoltare tutto il disco. Qua sotto un estratto significativo.
TOTALE.


Aspec(t) & Evil Moisture – Elettricità della devianza - 2016

La formazione a due senza Sax si consolida in questa collaborazione con Evil Moisture (Andy Bolus), un personaggio decisamente insondabile, invischiato pesantemente nella scena impro/noise/DIY internazionale e fondatore dell'etichetta Royal Sperm. In occasione della visita di Andy a Napoli (2014), materiale audio viene registrato, impro vengono svolte, relazione intessute. Nel 2016 Viande Records, etichetta fondata dagli "A Spirale", pubblica questa raccolta di cut-up malati, elettronica convulsa ma più strutturata di "Droga" e voci spettrali. Rispetto al disco cronologicamente precedente la somiglianza appare notevole, se non fosse che il gioco delle relazioni e delle influenze è da invertire, essendo "Elettricità della Devianza" tecnicamente precedente. Un piacevole manifesto di malessere DIY, spettrale, e disturbante. La cassetta viene fatta uscire in occasione del tour che i tre svolgono un po' per tutta Italia, sia per presentare la loro idea di improvvisazione, sia per proporre, ad ogni data, un piccolo workshop informali di elettronica DIY. Ascolto consigliato agli addetti ai lavori, illuminante per capire fin dove è possibile spingersi con lo stupro dei circuiti. Trovate tutto (ascolto e download) proprio qui.

SEC_ - Mefite - 2016

Mefite è la dea dell'oltretomba che, venerata in un passato ormai remoto, deve il suo nome all'omonimo luogo nella Valle di Ansanto in Irpinia. Qui si trova un mefitico (appunto) laghetto di fango scuro, creduto porta di passaggio fra questo mondo e quello degli inferi. Le premesse storiche sono perfette per intesservi sopra un disco. Sec_ si fa suggestionare dal mito del limbo fra vita e morte infondendo in questo lavoro anche una serie di riferimenti da "Diary of a Mummy” di Masahiko Shimada, un diario di un uomo deciso a lasciarsi morire di fame per poter raccontare dettagliatamente il passaggio fra questo mondo e l'altro. Quello che l'ascolto evoca è l'insieme di questi elementi, un viaggio lento e a tratti asfissiante, pieno di abissi e dialoghi fra insetti. Vertigini al rallentatore che si sposano perfettamente con stracci di testo, recitato durante lo scorrere dei brani (2, lunghissime parti). Ancora, il giudizio si riferisce a due brevi estratti ma l'impressione che mi lasciano è quella di un disco di una lentezza vischiosa, come vischiose sono le sensazioni di ineluttabile destino che avvolgono il protagonista di "Diary of a Mummy". Non è una sensazione spiacevole, è piuttosto un senso di destino imminente, una scelta inconscia a cui non si riesce a resistere, una fine già scritta contro la quale non si ha voglia di lottare. L'autodescrizione che viene letta durante i brani è quella minuziosa di un passaggio fra la vita e la morte, con annessa decomposizione. La musica segue dettagliatamente questo processo e si fa parte fondamentale dell'esperienza, globale, che evoca nell'ascoltatore. Un lavoro denso e pensante, da vivere necessariamente in relazione ai contenuti qui esplicitati. 

SEC_ - W.H.E.A.D. - 2017

Siamo quasi arrivati alla fine. W.H.E.A.D rappresenta l'ultimo lavoro solista di Sec_ hasta ahora.
Contemporaneamente però è anche la prima fatica del nostro in formato vinilico. Due tracce (di cui è possibile sentire degli estratti direttamente dal sito di Napolitano) della durata media di 15 minuti, in cui l'artista raggruppa tutte le sue suggestioni raccolte in una carriera più che decennale. Comprensibilmente parliamo di un lavoro maturo e poliedrico. Il field recording si fa molto più presente che in passato, sopratutto nel lato A del disco "Erosione", e pare quasi di ascoltare un Tricoli dei primi lavori, però molto più dettagliato, molto più concreto, come se l'obiettivo non fosse l'interfaccia fra ricordo e suono ma la realtà tangibile. Gli estratti del Lato B ("Why hasn't everything already disappeared?"), al contrario, dimostrano un Sec_ orientato verso il cut-up e la tecnica pura di manipolazione sonora, quasi uno studio tecnico di musica concreta. Dalla descrizione dello stesso autore capiamo come il field recording e in particolare il materiale audio proveniente dalla città madre Napoli giochi un ruolo fondamentale nel suggerire i contenuti dell'opera. Il tributo di Sec_ al contesto culturale e cittadino diventa elettroacustica mischiata alla vita quotidiana della città partenopea, in un insieme di frammenti sonori che sono summa e sintesi del suo stile e della sua vita artistica. W.H.E.A.D. potrebbe essere benissimo il manifesto artistico (ma anche umano) di Mimmo Napolitano e un ottimo punto di partenza per scoprire la sua imponente discografia. 

Jérôme Noetinger & SEC_ - La Cave Des Étendards - 2018

“La Cave Des Étendards” or “The Cave Of Standards” is a wordplay between Cave12 and Standards, two venues where they recorded the concerts which became the foundation for the tracks of the album. "L'orecchio Di Dionigi" is a cave in Siracusa with a special echo that allows to hear from the entrance any sound from the inside; in the past it was probably used as a prison because of its aural properties, very useful to control what the prisoners said. "Le chateau Est Une Oreille" is inspired by Italo Calvino's text "Un Re In Ascolto", written for Lucian Berio, where he describes sound narrative of a castle from the position of a paranoid king. You can use these references as a way to enter the cinematic world both musicians created with multiplicity of tape sampling and the use of extra tools to make the music as complex and inter-refential as possible."
Collaborazione fra Sec_ e il fondatore di Metamkine. Già ne avevamo parlato in precedenza. Questo lavoro consolida una relazione quasi scontata e doverosa, oltre che sempre portatrice di grandi contenuti. Nella descrizione qui sopra ci sono gli elementi necessari per avvicinarsi al disco. Ci tengo a sottolineare la natura "ambientale" dei brani: sono pensati, scritti e suonati in relazione allo specifico contesto e questa è una cosa che si ritrova spesso, ma mai abbastanza, nei contesti elettroacustici e di improvvisazione. Anche fornire gli strumenti concettuali per poter leggere le composizioni è una cosa veramente magnifica perché permette all'ascoltatore di immaginare quanto più possibile l'idea che ha guidato gli artisti durante la performance e la registrazione. Purtroppo è possibile ascoltare solo un breve estratto attraverso il soundcloud dell'etichette che pubblica il disco ("Mikroton").



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Bene, siamo arrivati alla fine anche di questo post. Se avessi premuto di più sull'acceleratore probabilmente non c'avrei messo quasi un mese ma tant'è, è stato un viaggio lungo ma pieno di epifanie. La discontinuità mi ha portato, e lo dico con profondo rammarico, a trovarmi anche nella situazione di dover riprendere dischi dello stesso Sec_ di cui avevo parlato in precedenza. Questo è un peccato ed è anche un errore perché vizia di molto l'obiettività del giudizio. Vero è che tenere il filo di trenta dischi non è un'impresa facile. 
Alcune conclusioni/considerazioni:
- il senso di epifania che avevo provato nello scoprire la rete di connessioni durante la stesura del post su Valerio Tricoli, qui è ulteriormente amplificato.
- lo ribadisco: Napoli appare come una città incredibilmente stimolante nell'ambito della musica improvvisata, del noise, della sperimentazione estrema e della produzione di connessioni fra personalità musicali. Un luogo che diventa attore protagonista nelle creazioni di Sec_ (e non parlo solo di W.H.E.A.D. in cui questo intento è reso palese dello stesso autore). 
- l'ispirazione che è possibile trarre da questi percorsi (in divenire) è linfa vitale per me e per i progetti di cui faccio parte. 
- nota dolente: Sec_,com'è possibile intuire dalla sua biografia, ha composto anche tantissimi brani decodificati in 4 o più canali per diversi contesti installativi. Non me la sono sentita di parlarne perché argomentare esperienze del genere per me necessità un ascolto diretto. 
- sulla biografia, e anche sulle news del sito personale, compaiono riferimenti ad una collaborazione con KNN e Tricoli (KNN è un altro esponente della Revoxologia, giusto per essere sintetici). Viene citata una collaborazione/compilation in divenire in cui Sec_ partecipa con la sua Orogenesi. Sulle notizie reperibili sul sito si parla di una serie di concerti sotto il nome "Ritorna", composto da Sec_, Tricoli, Giulio Nocera e KNN (che scopro ora essere anch'egli napoletano e promotore, assieme allo stesso Napolitano e ad altri, dell'associazione Phonurgia, che vi linko indirettamente attraverso il festival di impro/elettroacustica che organizzano, La digestion). L'unica cosa che posso fare senza snaturare il post mettendomi a parlare di KNN e della scena napoletana (cosa che credo qualcuno e qualcun'altro di molto simile abbiano già fatto) è postarvi qui sotto Orogenesi (con uno splendido lavorio di televisione a tubo catodico ad opera di 70fps che meriterebbero da soli un post intero) e la performance dell'ensemble nastriforme "Ritorna" filmata da mamma URSSS.



"Orogenesi". Il lavorio catodico a cura di 70fps (ASTEPBACK??). Guardate il video ma guardate anche i lavori precedenti del collettivo per capire che mega bombe sono in grado di cacciare. 
Forse questo video lo avevo pure già pubblicato nel passato. Fate bene attenzione alle differenti tecniche con cui i quattro manipolano i nastri. Rituale magnetico.

Fine