Ancora e per sempre Spagna. La convinzione che sia il posto perfetto per la generazione di un certo tipo di sonorità sta piano piano diventando una certezza. Nonostante la palese somiglianza (omonimia) con Zu, poco hanno a che vedere gli uni con gli altri. Mentre nel buco nero italico di morte e disperazione si parla la lingua oscura del jazz - core filtrato da satana qua la chiave di lettura è il sole di Barcellona. Parole spese a cazzo su un disco fatto da due tipi completamente fuori da ogni contesto: ogni paragone con qualsiasi tipo di genere musicale - gruppo musicale, presente, passato (e futuro), diviene completamente inutile quando dopo 4 minuti di dub - psy salta fuori una caleidoscopio di feedback, tutto storto, pieno di tempi mai suonati dall'uomo, poi ricade nel dub e, infine, si perde in loop armonizzati di voci. Poi blip - blop, anche.
Nel senso ragazzi c'è poco da fare, stiamo parlando di pesi massimi dell'improvvisazione costruttiva, libera ma con un occhio (dei vari) puntato al groove profondo. Prendete una canzone come "El calentito #3". Un brano strutturato sulla base dei due precedenti (come accadrà anche per il trittico "Hotto!!" "Hottero!!" "Hottesto!!") basato su un giro dispari su cui si inserisce una voce dritta, un po' in levare e un po' in battere, a seconda di come si srotola il ritmo. La sostanza del brano si amplifica fino a un apice, ricade nel silenzio ritmico, viene "abbellita" da una svisata vocale con tanto di urlo grattato da chiodi in gola. La risalita ritmica è lontana nella stereofonia, accompagnata da un basso così denso da sembrare un classicone da club londinese: si modula, si scurisce, si satura, si dissocia dalla melodia, si ricongiunge, altalenante. Alla fine rimane solo lui, per pochi secondi, solo un basso nero pece. E la canzone finisce.
ATTENZIONE: è successa una cosa bellissima. Ho ascoltato e contemporaneamente scritto queste righe su "Calentito #3" assolutamente convinto fosse "Calentito #1". Questo assurdo malenteso ha generato una rottura spazio temporale nel giudizio: i tre "Calentito" sono talmente perfetti da risultare, al final, completamente indivisibili, nonostante ovviamente diversi nel contenuto. Un miracolo firmato Za!.
Giusto per terminare il discorso, "Calentito #1", vera colonna portante fra i tre, dà le basi melodico - ritmiche per le successive composizioni, ma mettendo sul tavolo degli elementi decisivi. Prima chiave di lettura è la spina dorsale ritmica, fatta sempre da un giro sbilenco nelle diramazioni più "free" ma ben saldo su 8avi riconoscibili quanto intricati. Battiti di mani (finalmente perfetti nell'azzeccare il tempo, non come il 99% degli abitanti della Spagna) condiscono un intro destinato a perdersi in pulsazioni dub. La melodia è arricchita da un tromba sciolta nel riverbero (tipo a 1000km di distanza nelle stanze stereofoniche) che segue a ruota (o è seguita?) da una stilettata di chitarra graffiante come se fosse Albini (o antani). Poi sono gli intrecci vocali a rapire gli ascoltatori: armonie fratturate dal tempo incostante e avvolte in progressioni quasi afro beat (chitarra + chitarra un po' di ottave sotto). Il finale è apoteosico, un susseguirsi di parole sempre più complete e sempre più incastrate nel pattern matematico. Esplosione, riff assassino + urli-di-quelli-che-fai-in-studio-registrando-quando-sei-preso-dalla-musica-che-tu-stesso-hai-registrato = DIOCANE.
A sto punto facciamo anche "Calentito #2":
DUB + TROMBA = MADDAI
Ascoltatevelo (non su bandcamp che si sentono le pause fra le canzoni) in modo da avere una maggiore fluidità fra le strutture e capirete esattamente cosa significhi essere spettatori di un piccolo miracolo.
Ovviamente non c'è solo questo concentrato di figosità a determinare, per "Wanananai" lo status di BOMBA ATOMICA".
Basta andare a caso: i due "intermezzi" "Chinloop" e "Singaloop" sono l'esempio perfetto delle cose che tutti i gruppi fanno cercando di essere fighi mentre fanno un disco ma in cui, ovviamente, nessuno riesce. Tranne gli Za!. Il concetto è semplice: prendi la coda di una canzone e la ripeti per un tot di secondi. Poi ci metti un nome figo. Fine. Hai fatto la genialata però chiaro, ripeto, devi essere un geniale duo spagnolo e chiamarti Za! altrimenti l'unica cosa che ottieni è sembrare (ed essere, te lo assicuro) un idiota.
Poi vabbè, non servirebbe neanche dirlo: "Sùbeme el monitor" (lo so, l'accento andrebbe dall'altra parte). Una canzone con un significato che anche voi, italici lettori, potete facilmente intuire. Significato che merita il racconto di un aneddoto, letto chissà dove, forse un'intervista ai due Barcellone(n)si. Concerto, situazione abbastanza normale, si attaccano gli strumenti, si controllano i pedali, si fa il Check. Durante questo "rituale dell'assestamento volumetrico (jajaj)" salta fuori che il tizio alla chitarra urla
SUBEME EL MONITOR
La situazione però vuole che fosse attiva una loop station sulla voce. Quello che salta fuori (oltre alla canzone su disco) è, come potete facilmente immaginare, un'apocalisse di jam session DAL VIVO, SU UN PALCO, A CASO. Da qui il titolo della canzone e, non stento a crederlo, anche granparte del suo contenuto. Un gruppo che si permette di fare una cosa del genere, va da se, dovrebbe essere osannato a nuovo messia sulla terra per tutti i genere musicali. Le persone dovrebbero ascoltare questo disco per rendersi conto che le loro jazzate in 15/16 - core magari possono tenersele e, già che sono in mood depresso da cane bastonato, appendere qualasisi tipo di strumento fossero in grado di suonare dopo anni di faticosa carriera e ascolti pazzi, al chiodo. Ciao. E sì chiaro, io non facevo le svisate jazz.core in 15/16 però la mia visione della musica "laterale" è cambiata quando ho ascoltato gli Za! (come mi era capitato altre volte, in altri contesti, con altra musica). Non c'è niente di sforzato in un disco del genere (ma nemmeno in quello successivo, che sto ascoltando ora), niente di costruito a tavolino, niente di "programmato". Sono due testate nucleari che, per un motivo o per l'altro, si sono scontrate nella penisola iberica e hanno creato qualcosa di umanamente impensabile e, ovviamente, irripetibile.
Se dovessi dare un voto sarebbe, ovviamente: 666/10. Consigliatissimi. Ma che dico,
OBBLIGATORI